A Rio de Janeiro c’è il lunghissimo ponte Rio-Niteroi, il Cristo Redentor in cima al Corcovado e il tram che arriva a Santa Teresa.
A Lisbona c’è il ponte Vasco da Gama, il, seppur più piccolo, Cristo Rei e una flotta di elétricos (tram) che sfrecciano e stridono.
Sia chiaro che sto parlando di un legame e non di una somiglianza!
Sono arrivato a Lisbona quasi due mesi fa e vedo che qui come a Rio c’è il quartiere di Lapa, o che molti nomi, come Santarém o Belém per l’appunto, esistono in tutte e due i Paesi.
Quello che però sembra interessante è che oltre tutta questa somiglianza di nomi ne esiste un’altra quantità che mostra, ricorda, come i due Paesi abbiamo avuto destini e storie diverse. Il Brasile è un pullulare di parole come acarajú, cajú, moleque), etc.. mentre in Portogallo è una distesa di “Al..” ..Algarve, Alentejo, Albufeira.
Due lingue (ops, una) che si sono mescolate, una a quella degli schiavi africani dell’Angola, l’altra a quella araba delle incusione more.
Qui a Lisbona, tralasciando lo slang, ci sono molte parole di uso comune che in Brasile non hanno significato, o che hanno un significato diverso (spesso opposto) e viceversa, per non parlare della pronuncia, di regole grammaticali e di un paio di regole ortografiche.
I brasiliani dicono che parlano portoghese (anzi, molti pensano che IL portoghese, quello “vero”, lo parlino loro) mentre i portoghesi dicono che i brasiliani parlano il brasiliano, e che “quasi non è portoghese”. Questa, devo essere sincero, non l’ho ancora capita, dato che l’orgoglio nazionale brasiliano e la memoria storica portoghese suggeriscono un atteggiamento opposto (mah, sarà che ai portoghesi brucia ancora l’indipendenza del Brasile).
Dico queste cose perché mi è capitato spesso di imbattermi nella domanda “ma il brasiliano è portoghese o è una lingua a parte?”. Un paio di amici portoghesi mi han detto “noi adulti capiamo il brasiliano per via delle telenovelas della Globo che arrivano qui, ma i bambini il brasiliano non lo capiscono”, poi vedo scene come quella di Sintra, dove la brasiliana non capiva che l’autista le diceva “due persone” (in portoghese “duash p’ssoash”, in brasiliano “duas pessoas”).
Io che mi sono trovato a parlare le due lingue non vedo tutta questa difficoltà nel capirle entrambe, nel passare dall’una all’altra come dicono i madrelingua (!!!).
Chissà quanto c’è di vero e quanto invece e solo orgoglio che tappa le orecchie.
Tuttavia, credo che “decidere” se il brasiliano e il portoghese siano o no lingue diverse solo mettendo a confronto dizionario e grammatica sia in parte sbagliato in partenza. Il Brasile è indipendente da centinaia di anni, e in quel lasso di tempo ha creato una cultura innegabilmente propria, e spesso proprio per tramite “sua” lingua. Che sia intonata nella musica dell’invidiabile repertorio brasiliano, o fatta oggetto di scherzi (come fa Diego Abatantuono con la sua parlata ne Il barbiere di Rio) resta il fatto che, se proprio bisogna decidere, il brasiliano è per me una lingua a parte.. si, perché anche solo osservando la lingua (non solo quella brasiliana) da un punto di vista fonetico, scopro che non sono tanto le regole (spesso infrante) a farla sentire propria a chi la parla, ma è invece proprio la cadenza, l’accento, a darle la sua impronta culturale. Se non siete d’accordo andatelo a dire ai napoletani!
Mi viene in mente un personaggio de Il nome della rosa, Salvatore, che parlava tante lingue tutte mischiate, cominciava la frase in latino e la concludeva in tedesco. Eco lo aveva dipinto in modo superbo, di lui diceva che se ad esempio aveva vissuto una certa emozione quando era in Francia, parlando francese quindi, la descriveva e ne parlava in francese,.. un’affascinante favola sull’inscindibilità dell’esperienza con in contesto.
Che c’entra tutto questo con il discorso di prima? niente.
PAROLA DEL GIORNO (pt): Céu (Cielo)