Umbanda

Qualche anno fa, quando vivevo in Brasile, fui accompagnato da una amica carioca ad una messa Umbanda che si teneva nella zona nord di Rio de Janeiro.
«quindi cos’è l’Umbanda, mi fai capire?»
«oi ‘Dávigi’!» esclamo la mia amica che non sapeva come spiegarsi, né tantomeno pronunciare il mio nome. «vieni, vem, adesso vedrai!»
L’unica cosa che mi aveva detto era che ei ci andava a farsi predire il futuro.
«e tu ci credi?»
«oh, ma a volte mi hanno parlato anche del mio passato, è tutto vero!»
Entrammo in una specie di prefabbricato con il tetto basso e scosceso e dentro tutto era disposto come in una chiesa: un corridoio centrale, le sedie ben disposte ai lati ed un altare sul fondo. I fedeli tardavano ad arrivare così mi misi a curiosare con discrezione. L’altare era affollato di strani pupazzetti, statuette della Madonna e di Cristo cinte di dubbi ornamenti africani.
La mia amica si accosta a me e finalmente mi spiega un po’ di più.
«Agli schiavi non era permesso praticare la propria religione, così loro hanno interpretato le divinità cristiane secondo le loro»
«Vuoi dire che credono in Cristo?»
«Sì e no.»
«Uh? Sì o no?»
«Oh…» Si guardò lei intorno. «credo che siano arrivati tutti, andiamo a sederci.»
Un signore fece gli onori di casa e fu affiancato da un’altra decina di persone, tutte vestite di bianco e coi piedi scalzi. Un uomo seduto in disparte cominciò a percuotere un tamburo, un altro ad agitare un sonaglio e tutti presero a cantare in coro e a battere le mani. Lentamente il gruppo si distribuì in un cerchio e prese a camminare in circolo. Uno alla volta, disordinatamente, vennero presi da brevi convulsioni. I più si piegarono su loro stessi e fu chiaro che lo spirito
«…l’Orishá »
Si era impossessato del loro corpo.
«Ma dici sul serio?»
«Sul serio!»
Vabbe’, pensai, vediamo come fa a finire questa storia.
Ogni membro del gruppo fu quindi posseduto da uno spirito e prese a camminare in preda al delirio, a chinarsi e parlare a sé stesso, a muovere le sopracciglia come colto di sorpresa e subito dopo a corrugare la fronte, ma senza rabbia. Una bambina si alzò per andare incontro al gruppo, ma uno di loro le si parò davanti. Fu probabilmente il momento più interessante di tutto il teatrino: il ‘medium’ in quel momento era ovviamente posseduto e non poteva semplicemente convincere la bambina a tornare a sedersi. Allora restò lì a fare facce strane alla bambina, sperando, almeno secondo la mia impressione da scettico, che qualcuno finalmente accorresse a riprendersela. La bambina guardava l’uomo con grande curiosità, inclinando la testa di qua e di la come avrebbe fatto un cagnolino. Finalmente una donna si staccò dalla prima fila e trascinò la bambina all’indietro.
«Ah, cavolo…» Sussurrai tra me e me. «Proprio adesso che le cose si stavano per farsi imbarazzanti»
«oi ‘Dávigi’, por favor se comporte, hein!»
«Ma si che mi comporto bene! Che sto facendo?»
Uno dei medium (ormai Orishá) mise un ginocchio a terra, si batté una mano sulla fronte, stese l’altra verso il cielo ed urlò.
«Yooooo!!!»
Lei mi guardò titubante. «Tra poco gli Orixá ci ricevono. Tu mi aspetti qui?»
«Che devi fare?»
«Voglio sapere una cosa.»
La mia amica si alzò e andò a parlare con loro. Fecero così anche altre persone, in ordine, ognuna con il suo Orishá di preferenza.
La mia amica tornò a sedersi in lacrime.
«Ma che è successo?»
«Niente!» Singhiozzò lei. «Oh, niente!»
«Ma che cavolo ti ha detto?! Ma dai, sono tutte cazzate, che davvero credi a questa gente?!»
«È tutto vero! Mi ha detto cose che non sa nessuno!»
«Ok, ok! Oh, cazzo…» E mi alzai. «Ci voglio parlare pure io allora!»
Quelle parole riuscirono a distrarre la mia amica, che smise di singhiozzare e mi fissò con gli occhi lucidi.
«Ti posso lasciare qui un attimo?»
Lei annuì in silenzio, forse più preoccupata della sua reputazione nel gruppo, adesso a rischio per colpa mia, e l’emozione della cosiddetta rivelazione. Mi avvicinai ad una Orishá, una signora di mezza età, bassa, scura e cicciottella.
«Non parlo molto bene, mi dispiace, sono arrivato da poco.»
Ero un po’ arrabbiato con loro per quello che avevano appena fatto e credo che la signora avesse avvertito il mio stato d’animo.
«Oh…» Rispose lei, dubbiosa sul da farsi. «Non c’è probleeeeema»
Lei in teoria era ancora posseduta, quindi stavo parlando ad un antico spirito della terra, comunque sia…
«Mhh, volevo chiedere… sono arrivato da poco in Brasile, non so… forse è il posto per me? Forse dovrei trasferirmi qui qui? Vivere qui per sempre? Oh, Orishá, cosa mi dici, qual è la scelta giusta?»
«Oh, io ti auguro molta fortuna»
Eh?
«Sì, ma ho bisogno di sapere. Oh, Orishá, cosa devo fare?»
La signora appoggiò le mani sulle mie spalle, forse per tenermi alla larga. «Oh, molta fortuna! Ti auguro molta fortuna!»
E mi strinse le spalle come per salutarmi. Tornai a sedermi vicino alla mia amica.
«Mannaggia a te, mannaggia! Non mi dire che credi a questa roba! Voglio sapere che ti ha detto l’Orishá!»
«Oh, no, non posso! È un segreto!»
«Il segreto di tua nonna! Beh, andiamo?»
«È quasi finito…»
Gradualmente gli spiriti lasciarono i corpi dei medium, così come il mio interesse lasciò il mio. La mia amica si congedò dai conoscenti ed uscimmo dal prefabbricato. Camminammo un po’ in direzione della fermata del bus. Per sfogare la frustrazione misi un ginocchio a terra, stesi la mano in aria e gridai.
«Yooooo!!!»
La mia amica divenne tutta rossa.
«não ‘Dávigi’, no! ci possono vedere!!!»
«Che ci vedano pure, questi pagliacci!»

modi di dire & proverbi

Quando si impara una nuova lingua non ci si può limitare alla sola grammatica. Nelle strade, tra gli amici, in televisione, sui giornali, a lezione in università, ecc. lo slang e i modi di dire sono parte integrante del discorso, se non li conosci non capirai che la metà di ogni cosa! Oltre al significato più stretto a volte aiutano a capire anche un modo di immaginare le cose, di pensare, e mostrano anche alcuni preconcetti…

Dopo quasi 18 mesi di portoghese, tornato Italia mi sono reso conto di quanti se usiamo anche noi senza accorgercene. È ironico che molte cose della propria lingua si imparano proprio quando non la si usa.

Ogni volta che in Brasile sentivo qualcosa di nuovo me lo segnavo su un pezzo di carta o sul cellulare. Ho conservato poi l’abitudine anche in Portogallo, mi divertiva sopratutto conoscere quelli uguali all’Italia.

P.S. A Belém (periferia di Lisbona), proprio tra la famosa pasticceria che vende i Pasteis de Belém e la cattedrale c’è un kebabbaro che ha decorato le piastrelle del primo piano del suo locale scrivendoci sopra un sacco di proverbi portoghesi (almeno la metà sono uguali a quelli italiani).

Arregaçar as mangas (rimboccarsi le maniche); Segurar a vela (tenere la candela… eh si, c’è anche questo!); …ao preço da chuva (“al prezzo della pioggia”, qualcosa di praticamente regalato); As paredes têm ouvidos (le pareti hanno orecchie); A fome é a melhor cozinheira (la fame è la migliore cuoca); Amor verdadeiro nunca envelhece (il vero amore non si scorda mai); Cão que ladra não morde (can che abbaia non morde); Amigo do meu amigo, meu amigo é (…vabbé , questa si capisce); A quem tudo quer saber nada lhe se diz (a chi tutto vuole sapere nulla si dice); A verdade é como o azeite, vem sempre á toma da água (la verità –è come l’olio,– viene sempre a galla); Enquanto o pau vai e vem aliviam as costas (mentre il bastone va e viene, si allevia il dolore… bellissimo!); A galinha da minha vizinha é sempre melhor que a minha (l’erba del vicino è sempre più verde); Por culpa de alguem, não se fia a ninguem (per colpa di qualcuno / non si fa credito a nessuno); Andar com rabo de preta (sculettare).

Brasiliani:
Vai a tirar o pai da forca? (vai a salvare tuo padre dalla forca?… detto a chi cammina velocemente); Não tem geladeira em casa? (non hai il frigo a casa?per esercitarti -, a chi sbatte la portiera dell’auto); Sou feito de açúcar (sono fatto di zucchero – mi scioglierei –… scusa assurda per quando piove e non si vuole uscire).

La canzone Nem vem que não tem ha altri modi di dire simpatici (anche se credo che i più non si usino più, almeno, io non li ho mai sentiti se non in questa canzone), tipo: Pra virar cinza minha braça demora (letteralmente “per diventare cenere la mia brace ce ne mette…” e non ho idea in che situazioni si usi, ma uno un’idea se la fa…); Nesse embalo vou botar pra quebrar (ogni volta me lo faccio spiegare, ma lo scordo sempre); passar pra trás… (turlupinare, mettere i piedi in testa);

PAROLA DEL GIORNO: sf badalhoca (tarzanello  …non centra niente, ma non troverete questa parola da nessun’altra parte!)

il Fiume e l’Europa

Sai cos’è un piumino? – Tyrel Durden

DSC01289 Quando ero a Rio era praticamente impossibile per me scriverci sopra un post, quello che mi piaceva della città non era sintetizzabile con parole, tanto meno con alcuni scatti. Mi piaceva, come piace il mare.

A pensarci su credo che nemmeno mi interessi,.. quando vengono descritte certe cose, proprio quel momento queste perdono il loro fascino, la loro magia, nude come sono.
Quando si parla di Rio e del Brasile, si fa spesso uso della parola “sincretismo”, ma non mi sembra l’aggettivo corretto, semmai ce ne fosse uno. Sincretismo implica un tentativo di conciliazione che non è nemmeno preso in considerazione in Brasile: lì le cose sono come sono e nessuno si preoccupa molto della loro conciliabilità o meno. Coesistono, semplicemente, e tentare di “conciliare” è un’inutile gioco intellettuale figlio dell’ordine.

Adesso capisco perché mi ero sentito così male quando subito dopo essere tornato dal Brasile ero andato sul Garda a trovare mia sorella, vicino peschiera. Era tutto così straordinariamente in ordine, anche gli alberi, piantati in bella fila accanto le strade, avrebbero ordinato anche le foglie se fosse stato possibile. Che tristezza.
La nostra cultura è basata sull’ordine, di seguito la nostra concezione della realtà. Abbiamo la convinzione che senza l’ordine, il nostro, le cose siano sbagliate, probabilmente solo perché non controllabili. Ordine e caos sono aggettivi che noi affibbiamo alle cose, se ci facessimo fatti nostri le cose tornerebbero ad essere come sono, senza fronzoli linguistici o etichettature.

In fondo tutto è in ordine, solo che tutto lo è a modo suo.

panorama

PAROLA DEL GIORNO (pt-br): Bagunça (casino, caos)

Samba de Orly

Quando da piccolo mi veniva la febbre e il medico mi prescriveva siringhe, aiutavo sempre mio padre a prepararle. Con mio padre rompevo il flacone di vetro, aspiravo il liquido con la siringa e lo riversavo nell’altra boccetta, quella con la polvere (mi piaceva un sacco bucare con l’ago il tappo di gomma della boccetta), agitavo e finalmente lo riaspiravo con la siringa.

Poi scappavo.

Avevo questo ricordo in mente mentre ero in aeroporto a Rio de Janeiro. Avevo salutato gli amici, fatto il check-in, posato i bagagli e poi, quando ero li li per imbarcarmi mi è tornato il vecchio desiderio di scappare.. ma, come quando ero piccolo e sapevo che non c’era scampo alla puntura, sapevo che mi toccava ficcarmi in aereo e dover lasciare il mio amato Brasile.

La settimana prima di tornare a Rio, avevo in mente una canzone di Chico Buarque, Samba de Orly. La canticchiavo da solo, negli autobus, mentre viaggiavo verso est…

Vai, meu irmão (vai fratello mio)
Pega esse avião (prendi quest’aereo)
Você tem razão de correr assim (hai ragione a correre così)
Desse frio, mas beija (…ma bacia)
O meu Rio de Janeiro (la mia Rio de Janeiro)
Antes que um aventureiro (prima che un avventuriero)
Lance mão (se ne appropri)

Pede perdão (chiedile scusa)
Pela duração dessa temporada (per la durata della mia assenza)
Mas não diga nada (ma non dirle)
Que me viu chorando (che mi vidi piangere)
E pros da pesada (…)
Diz que vou levando
Vê como é que anda
Aquela vida à toa
E se puder me manda (e, se puoi, mandami)
Uma notícia boa (una notizia buona -dimmi se posso tornare-)

La canzone è riferita all’esilio di Chico Buarque al tempo della dittatura militare in Brasile (finta circa 30 anni fa), che saluta l’amico che torna a Rio mentre lui è costretto a rimanere lontano (in Europa).. il contesto non c’entra nulla con la mia situazione, ma, chissà perché, sembrava che quella canzone parlasse direttamente a me.. quasi mi veniva da piangere!

A Roma, ore e ore dopo, tornavo con il treno che mesi prima mi aveva portato in aeroporto, e mi sembrava come di viaggiare indietro nel tempo, una sensazione stranissima.

Ps. per fortuna sto mangiando una quantità di cozze incredibile che mi sta tirando su il morale (riso cozze e zucchine, cozze crude col limone, spaghetti con le cozze). Sono proprio pugliese!

PAROLA DEL GIORNO: v Despedir-se (congedarsi, dirsi addio)

Quando eu era criança e estava com febre o medico sempre prescrevia as seringas. Eu ficava sempre ajudando meu pai para prepa-las. Com ele eu quebrava o contenedorzinho de vidro, tirava o liquido com a seringa e o derramava no outro contenedorzinho, aquelo com a pó dentro (gostava muito de furar com a seringa a capa de borracha do contenedor). Depois fugia. Estava com esta lembrança na cabeça enquanto estava no aeroporto em Rio de Janeiro. Já tinha saudado os amigos, feito o check-in, deixado as malas e depois, enquanto estava mesmo pra entrar no avião voltou o velho desejo de fugir.. mas, mesmo quando era criança e sabia que não tinha saída, sabia de não ter escolha.. tinha chegada mesmo a hora de deixar meu amado Brasil. A semana antes que voltar pra Rio, tinha em mente uma canção de Chico Buarque, Samba de Orly. Acho que tinha cantado esta musica milhões de vezes quando estava sozinho nos ônibus viajando para o este… Vai, meu irmão Pega esse avião Você tem razão de correr assim Desse frio, mas beija O meu Rio de Janeiro (…) Pede perdão Pela duração dessa temporada Mas não diga nada Que me viu chorando (…) Vê como é que anda Aquela vida à toa E se puder me manda Uma notícia boa Todos os brasileiros conhecem esta canção, fala sobre do exílio de Chico Buarque quando o Brasil estava sob a ditadura militar, e ele saúda o amigo que está voltando para Rio enquanto ele está forçado a ficar longe do país dele .. o assunto real da canção não há nada a ver com minha situação, mas parecia que aquela musica estivesse falando direito pra mim.. quase chorava! Uma vez chegado em Roma, horas depois, estava voltando na cidade daquele trem que, meses antes, me levou para o aeroporto, e parecia como viajar atrais no tempo, uma sensação muito estranha. Ps. Agora estou comendo tão sururus (típico da minha região aqui no sul da Itália) que está matando um pouco a saudade!!

Diamantina

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In ostello ho conosciuto un Italiano,  non mi andava di fare un gruppetto, volevo girare il paese da solo, ma eravamo in quattro a fare colazione e alla fine attacca bottone e quindi “ahh, sei italianooo” “ahh, parli brasiliano” “AAAHHH, allora dobbiamo andare in giro insieme, così mi traduci tu!!”. Insomma, di perdere il poco tempo che mi rimane facendo l’interprete gratis proprio non mi andava, allora ho messo mano alla libertà più bella di quando si viaggia da soli: dire no.

Passo un paio di giorni a Diamantina, ed è un piacere stare “da solo”. Nel poco tempo che passo qui faccio amicizia con la tipa della lan house (internet point) che mi consiglia alcuni piatti e un ristorante. Seguo il suo consiglio e finisco per chiacchierare con il proprietario che mi fa compagnia mentre pranzo. Poi la signora del primo ostello che si mette a cantare una canzone in italiano (e mi fa pagare di meno la stanza)… c’è una bella atmosfera qui, il paese è abbastanza piccolo, ma animato, sopratutto ora che ha appena aperto la scuola e la mattina si apre e si chiude con i ragazzini che vanno e tornano da scuola.

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Che bello poter parlare la lingua del posto, soprattutto qui, e fare amicizia, chiacchierare senza fretta… col cavolo, tra pochi giorni devo partire :-((

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PAROLA DEL GIORNO: sf Saudade ( ..e come ve lo faccio a spiegare?)

Bonito / 2500km

Balneario Municipal Bonito Brasil Mato Grosso do Sul Fishes Peixes Pesci trote verde smeraldo emerald green pool piscina natuale natural explore adventure backpacking south america sud brasile brazil

Oggi già devo lasciare Bonito, se potessi passerei qui un mese a godere di tutta questa natura, ma a parte il posto dove dormo i prezzi sono pazzeschi, e in due giorni ho speso troppo rispetto al normale (ma ne è valsa la pena). Dalla pousada noleggio una bicicletta per raggiungere il Balneário Municipal, circa 7 chilometri fuori dal centro abitato. Bonito è abbastanza piccola da potersela lasciare alle spalle con una bicicletta e sono subito in campagna. L’aria è calda e ho un leggero vento alle spalle. Perfetto. Arrivo al balneário, che è un rigonfiamento (artificiale?) del trasparentissimo fiume che passa vicino il paese. Se penso che nella mia città (San Severo) l’equivalente è Marina di Lesina mi viene da piangere!

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Gli abitanti di Bonito vengono qui il fine settimana a prendere il sole, e a fare il bagno circondati da enormi pesci che a malapena si spostano quando ti tuffi. Spettacolare! L’acqua è trasparente, il riflesso azzurro del cielo si mescola a quello verde della foresta sulla riva opposta. Nel rigonfiamento del fiume i pesci si riposano dalla corrente, mi avvicino e si spostano solo per poi tornare dov’erano prima, se volessi li potrei toccare!
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Faccio un po’ l’equilibrista sul masso messo a mo’ di diga al centro della zona balneabile e mi accorgo di alcune scimmiette che stanno giocando tra i rami vicino l’acqua. A parte il bagnino che (ovviamente) dorme e alcune persone lontano a bere e spizzicare ai tavoli vicino il bar, ci sono solo io a godermele, e mi viene la tristezza a pensare che ho solo un’ora a disposizione prima di dover tornare indietro.

Anzi, già devo tornare… e di corsa!! Il venticello dell’andata si è alzato e ora ce l’ho contro! Corro come un dannato sotto il sole allo zenit che butta almeno 30°c (umidi, ovviamente). Mi fermo solo alla rodoviaria per prendere il biglietto per Campo Grande. Ho il cuore impazzito e mi si appanna la vista.. mi sdraio a terra perché sento che sto per svenire.
Due minuti e devo rimettermi a pedalare. Arrivo alla pousada, bagagli, e sono di nuovo in rodoviaria, (in moto-taxi stavolta!). Salgo sul bus che parte un minuto dopo.

6 ore fino a Campo Grande.

cane randagio street dog

Arrivo alle 20:00 e ho mezz’ora per prelevare, comprare il biglietto per Belo Horizonte ..e cenare! Al ristorante al chilo bevo mezzo litro di Coca e ingurgito 1-2 chili di tutto: carne di maiale e di pollo, riso, pasta, fagioli, patate e insalata. Poi torno di corsa al bus con lo zaino da 10kg (mi meraviglio di non vomitare per strada). Entro e parto un attimo dopo.

Altre 23 ore di bus.

Dopo qualche ora mi si siede accanto una signora, sui 50. Guardo fuori dal finestrino i campi di canna da zucchero e lei mi fa:

«canna da zucchero…»
Ci siamo, penso.
«cosa?»
«sono piantagioni di canna da zucchero»
«ahh»
«ce ne sono così tante che un chilo di zucchero costa 99cent.. nemmeno 1 rial!»
«interessante…»
«dove va?»
«Belo Horizonte, ma solo per..»
«IO vado a xxxx (non ricordo), c’è il rodeo lì. Sa cos’è un rodeo?»
«(sing) Si.»
«IO vado da mia figlia, sta a xxxx. ..lei va in Cile col marito e vado a badare al figlio.. il figlio é un tesoro mi chiama sempre.. “vovó, vovó” (nonna, nonna), sempre mi cerca.. la mamma si arrabbia che deve sempre mettere i soldi nel cellulare del figlio… ma lui mi vuole bene.. stare con lui é un piacere, la città è tranquilla, non come belo horizonte, mai una rapina.. ..la città ha una fabbrica in mezzo… la città non esisteva 40 anni fa… poi hanno messo la fabbrica e PUF, ecco la città… 250.000 abitanti… e bla blablablablaaaa»

Da ogni frase inutile prende spunto per farne uscire un’altra ancora più inutile. Potrebbe andare avanti all’infinito. Ci sono solo due soluzioni …ma darle una testata mi sembra eccessivo, allora opto per la seconda: fingo un problema intestinale toccandomi la pancia, mi scuso e vado in bagno. Mentre piscio mi guardo allo specchio e penso “ma che mi frega che tuo genero ti appioppa il figlio mentre si porta tua figlia in Cile?”

Torno dal bagno e invece di tornare a sedermi dov’ero mi sistemo dietro di lei. Dopo 5 minuti attacca a parlare con la tipa seduta vicino al finestrino dell’altro lato del bus. Se la ciuccia lei adesso.

Bonito Brasil Mato Grosso do Sul sunset tramonto por-do-sol por do sol nature explore adventure backpacking south america sud brasile brazil

Arrivo a Belo Horizonte, mi segno gli orari di tutti i restanti ônibus che dovrò prendere per tornare a Rio de Janeiro e mi accorgo che c’è un bus per Diamantina (la mia destinazione) tra 5 minuti! Corro a prendere il biglietto. Devo essere pazzo.
Lascio lo zaino e scongiuro l’autista di aspettarmi per prendere una qualsiasi cosa commestibile. Mi fa “2 minuti” con le dita (molto di più di quanto mi aspettassi).
Corro a prendere dei salgados e sono già in viaggio per Diamantina.

Affianco al mio posto c’è un ragazzo con la faccia di uno che ha l’AIDS per professione e decido di non dormire (passerà tutto il viaggio grattandosi i capelli a due mani sotto al cappellino). Sono a pezzi, mi guardo le foto scattate al Balneário e fatico a credere di essere stato davvero li solo fino al giorno prima.
All’una di notte arrivo a Diamantina e mi infilo nel primo ostello che trovo (proprio di fronte alla rodoviaria). Prima di svenire sul letto penso che delle ultime 48 ore (nemmeno) ne ho passate 35 negli autobus. 2500km circa che sono stanco come se li avessi fatti a piedi, ma il tempo stringe e dopo Diamantina torno a Rio per la despedida e poi ..addio America do sul. Anche prima di partire per Rio, febbraio scorso, corsi come una pallina impazzita tra San Severo, Roma, Milano e Ascoli. Che ironia.

Poi diventa tutto buio. Devo essermi addormentato credo.

PAROLA DEL GIORNO: Arara (il grande pappagallo multicolore tipico del sud America. La guida all’escursione del buraco das araras ci ha detto “a volte qui dicono alle donne che sono come Araras perché quando torni a casa tardi dopo aver bevuto con gli amici tua moglie, gridando, fa esattamente lo stesso verso” …nel gruppo, l’avvocatessa americana, lesbica e attivista per i diritti delle donne che che lo ha sentito non ha apprezzato molto)

(muito) Bonito

snorkeling sul rio Prata

un bel bagnetto.. eheheh

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PAROLA DEL GIORNO (pt-br): vou te dar um pouco de olio de peroba! (‘ti do un po’ di olio di peroba’ .. La Peroba è un albero dalla quale si ricava o l’essenza dello Chanel No.5, nonché un olio per trattare il legno di mobili e di… facce toste: ‘cara de pão’ – lit. ‘faccia di legno’ -)

Pantanal

Il Pantanal l’ho lasciato da giorni ormai, per visitare Bonito, ma ne parlerò dopo magari (..ma il nome dice tutto).

C’erano due offerte di tour nel Pantanal, una da 950 r$ per due giorni (tipo 400euro) e l’altra da 240 r$ per quattro giorni (100euro).. ovviamente ho preso la seconda però la differenza di prezzo mi aveva fatto temere la fregatura. Per fortuna invece non era così, anzi, il timore che viaggiare da solo potesse essere noioso o altro l’ho spazzato via con questi miei primi giorni di ritorno in Brasile.. ho conosciuto più persone (molte, e molto piacevoli) ora che sono “solo” che con Andrea e Marion. Non posso certo fare paragoni, sono due viaggi molto differenti quelli con gli amici (al cazzeggio) e quelli in solitaria (forse più stancanti), ma mi ha fatto piacere provarli entrambi. In futuro credo che viaggiare da solo sarà un’alternativa sempre più allettante..

Chiusa parentesi, torniamo al Pantanal! Sono su un pick-up che mi sta portando ad una specie di fazenda. Da solo, mi godo il paesaggio e gli animali che scorgo a decine già sul bordo della strada sterrata, di uccelli spiccano il volo quando passiamo vicino con l’auto. Sono così spensierato e felice che non riesco a trattenere un sorriso idiota per tutto il tragitto. Passiamo sul fiume che sembra il set di un film sul Vietnam, selvaggio e pieno di animali. Che bella sensazione respirare quest’aria.

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Primo giorno un giro a cavallo (oh, che male al CU**!), un po’ turistico, molto per la verità, i cavalli fanno un rumoraccio che spaventa gli altri animali, ma almeno ho chiacchierato con gli altri turisti (tra cui una coppia di liceali.. cioè cavolo, mi sono sentito vecchissimo davanti a questi due che, con la faccia angelica, parlavano del loro viaggio come se fosse la cosa più naturale del mondo! Io a 18 anni se andavo a Pescara mi sentivo come all’estero).

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Il Mato grosso do Sul a volte mi sembra l’Africa, alberi secchi e palme rigogliose, tutt mmscket (tutto mischiato). Stiamo in una fazenda sulle palafitte, perché nella stagione delle piogge si allaga tutto e l’acqua del fiume straripa e sommerge tutto. Ho scoperto nel mentre che lo scarico della doccia é un buco del pavimento che butta tutto sotto la palafitta.. alla faccia dell’ecologia! con tutto quello shampoo ci saranno le blatte con i riccioli li sotto!

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Il giorno dopo a pesca di piranha! nell’amo ci metti direttamente la carne di porco, o vacca, e i piccoli bastardi la mangiano con una rapiditá raccapricciante.. Io ho pescato solo pesci piccoli e affianco a me una Danese di 40 anni mi faceva sentire uno strofinaccio pescandone di grossi così (..così come nella foto)

notare lo sguardo assassino del pesce

Nel pomeriggio risaliamo il fiume per un’ora. Bello. Il cielo era chiuso e nel punto piú lontano si é messo a piovere (it’s raining cat and dog! mi dice eccitato uno e io rispondo, ovviamente, effreggn, fraa!)

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Il fiume è pieno di animali, dove ti giri ci sono caimani (fifoni), capibarra (il roditore più grosso del mondo.. grosso come un porco circa), uccelli di ogni tipo e, sotto l’acqua, migliaia di piranha che aspettano solo che affondiamo!

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Le guide però ci dicono che, a parte i caimani che scappano sempre se ti avvicini, i piranha si spaventano se entri in acqua, per via del rumore. Mi faccio coraggio e mi butto (sarò stato in acqua nemmeno 2 minuti, ma almeno posso dire di averlo fatto!)

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La sera una bella foto di gruppo per ricordo (tchau Martello!) e poi via verso Bonito!

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P.S. Finalmente un po’ di foto, eh! Dopo un mese trovo un attimo per sceglierne alcune e postarle.

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PAROLA DEL GIORNO: volg piranha (stronza, puttana)