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il caldo è arrivato quasi all’improvviso, dopo settimane di pioggia, me ne accorgo solo la sera tornato dall’ufficio, di giorno non ho tempo, tra le uova a colazione, l’autobus e lo Studio, poi la sera di corsa a casa per avere il tempo di fare il bucato o la spesa o vedere cosa c’è da fare nel weekend. Diavolo, questo inverno sembra esserci stato da sempre! Forse perché tra londra e san francisco ho beccato più acqua che …boh, Noé, ma quasi mi sembra di aver sempre vissuto d’inverno, la sensazione del caldo mi avvolge come una specie di novità.
Ma non è solo questo, c’è l’oceano, si, ma non il profumo, è il sesto senso dell’acqua di mare, il sapere non so come ne perché, che il mare è vicino.
Aspetto l’autobus, col caldo e la sensazione del mare a farmi compagnia, guardo l’asfalto penso al brasile, a quando uscivo la sera, le strade piene del caldo accumulato durante il giorno, e raggiungevo i miei amici, Dani, Roga e Jujú, o uno dei gruppetti di studenti internazionali ognuno col suo programma per la serata, chi a Lapa chi a Ipanema, o per le prossime festività dell’uni da sfruttare per qualche viaggetto.
Dall’aggeggio elettronico nella tasca escono le note di Abre alas e poi di Que serà e mi sale un brivido che parte dal petto (è il caldo di questa sera che preme freddo sul petto) e mi rendo conto che per la prima volta soffro la lontananza degli amici, so che sono sparsi per il mondo e che molti di loro non si potranno mai incontrare tra di loro, non avranno mai il tempo che ho avuto io con ognuno di loro per conoscersi e apprezzarsi. Che pena, che spreco per una sola possibilità di vita. è adesso che mi accorgo dell’unicità di ogni momento, di ogni situazione: gli amici del liceo, chi di qua chi di la, la mia realtà a rio de janeiro che ormai non esiste più (tutti tornati chissà dove); una marea di ricordi d’estati, le gite da neopatentati al mare in puglia, la pasquette, le scampagnate in bicicletta, i sei mesi d’estate in sudamerica… . Questo caldo è memoria di ben altro calore.

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