ich bin zu der erkenntnis gekommen

In quel Dicembre a Berlino, nella tua casa di Köpernickerstrasse io volevo tutto. Ma era tutto, o solo qualcosa, o forse niente?

Io volevo tutto, ma mi sono sempre dovuto accontentare di qualcosa.

M.M.

da dove comincio? dall’ultima cotta? dalla vitamina D che ha sostituito il Sole? da mia nonna che, poveretta, le hanno appena diagnosticato l’Alzheimer? mah, niente di tutto questo, l’unica cosa che mi rode è che nonostante tutto ancora fatico a tenermi seduto a scrivere, a renderla un’abitudine come Anne Lamott ripete tutto il tempo.
L’attitudine prima di tutto, confidenza ed esecuzione. Se quel qualcosa c’è da coltivare (lo “it” di Kerouac), il resto viene da se.

Scusate l’ermetismo, nemmeno io ci capisco più molto, ma mi sembra una buona cosa. Ho imparato a diffidare della coerenza.

 
FRASE DEL GIORNO (de): ich bin zu der erkenntnis gekommen… (“sono arrivato alla conclusione…”)

Yes

There is this guy,

he always says yes.

I call him by name…

« yes »

I ask him the time…

« yes »

and so on.

« yes »

what?

« If you work too much you’ll get used to it. »

Nice joke…

« It is not a joke »

« yes »

« It’s my life »

« yes. »

 

SENTENCE OF THE DAY (de): Viele Köche verderben den Brei (lit. “too many cooks spoil the broth” …if too many people participate in a task, the task will not be done very well)

Morning Pages 001

Il Morning Pages è la pratica di scrivere al mattino appena svegli. Non importa cosa, basta che lo si faccia. L’abitudine ad essere produttivi.

Di solito, ancora nel letto, controllo le e-mail, facebook, instagram… meccanicamente, invece di qualsiasi altra cosa più utile. Passino le e-mail, ma il resto?
È da un po’ di tempo che ripenso alle abitudini di qualche anno fa, in particolare di quand’ero in Brasile. Ero più spensierato (certo, ero nel mezzo dei miei vent’anni) ma anche uno di quei telefoni da quattro soldi con lo schermo stile calcolatrice digitale e la batteria che durava una settimana. La loro funzione era quella di comunicare.
Adesso invece ho uno smartphone con molte più funzioni, che usiamo per tutto tranne proprio quella più importante. Con instagram non comunico, ‘informo’ i miei follower… qualche cosiddetto amico, più gente che non conosco e non conoscerò mai. So che Pinco quest’inverno è andato a surfare in thailandia e che Ciccia ha fatto un figlio. Me lo dicono le immagini che postano, ma in realtà non comunichiamo più da anni. Like e cuoricini hanno preso il posto delle parole, non scriviamo più, non manteniamo più un contatto che non sia una lista.

Sto tergiversando, magari suono come un vecchio rincoglionito. Non importa. Quello che però mi viene in mente e vedo di continuo è l’umanità del ‘primo mondo’ che gira con uno schermo piantato davanti la faccia, che rischia di farsi investire col rosso, che muore per una selfie.
Quando leggo un libro in metropolitana sento una complicità silenziosa con chiunque ne stia leggendo un altro. C’è differenza tra guardare uno schermo o leggere un libro? Si. Un giorno il libro sarà stato letto per intero, uno smartphone invece è un compito che non si completerà mai. Ci sarà sempre una nuova notifica, un aggiornamento, qualcosa che ci richieda attenzione lampeggiando.
Sono molto più ansioso da quando uso uno smartphone e sto pensando seriamente di disfarmene, poi però penso che resto senza una fotocamera, un blocco per gli appunti digitale, una mappa interattiva… cose pratiche che uso tutti i giorni, ma alla fine ne vale la pena? Prima dello smartphone giravo con un blocchetto per gli appunti A6, le mappe erano alle fermate del tram, o chiedevo alla gente per strada e le foto le scattavo con la macchina fotografica (facendone peraltro decisamente di migliori).
Avere tutto miniaturizzato e a portata di mano sembra un grosso vantaggio, ma è anche vero che l’esperienza è diventata frammentata: sto scattando una foto ed ecco che un messaggio mi appare in alto sullo schermo, rispondo, mi viene in mente una cosa che volevo scrivere, apro l’app per gli appunti, mhh… magari prendo un cappuccino, cerco un bar sulla mappa… sarà buono? Leggo le recensioni… stavo scattando una foto prima? boh, e chi se lo ricorda.

Nell’epoca pre-smartphone ero più presente e attento al mondo circostante. Il compromesso era dover pianificare di più. Uscivo di casa sapendo cosa fare. Quando avevo finito tornavo indietro, o chiamavo qualcuno o ancora decidevo di perdermi per la città, scoprire posti nuovi, parlare con la gente. Oggi invece prendo lo smartphone e cerco un evento, un incontro, un gruppo o gioco a candy crush. Mi tengo costantemente occupato perché sono diventato dipendente agli stimoli.
Un articolo ho letto tempo fa spiegava come avere la testa sgombra favorisca idee nuove e soluzioni a problemi in corso, ma quando ce li abbiamo questi momenti ormai? Ci serve davvero lo yoga e la meditazione per ritagliarceli? Se è così, allora anche essere rilassati diventa un compito, limitato a una o due ore a settimana. Ci siamo arrendendo ad una vita frenetica ed nevrotica. Secondo me per essere felici è fondamentale trovare il tempo di annoiarsi, una delle sensazioni più rivelatorie su cosa ci piaccia e cosa no.
Possiamo cominciare smettendo di portare lo smartphone anche al cesso. La scioccante scoperta di quanto possa essere difficile anche solo una cosa del genere. Realizzatene il motivo, infine godetevi la vostra meritata cagata mattutina fissando il muro.

CANZONE DEL GIORNO: Djavan – Maça do rosto

Victims

Rosie […] could never acknowledge darkness or confusion in life. Rosie was always about the light and the good and the positive. That way she never had to admit cruelty or malice within herself; she could always be the victim.

Christos Tsiolkas (The Slap, 2008)

barbablu

do you remember when you changed?

you       where     so        different

from the one I knew before as a child.

What did you do to the

one

that was

inside before

?
 

SENTENCE OF THE DAY (pl): Koniec na dziś (“I’m done for today”)

Krisztina

Non ho mai visto nessun altro che sapesse rispondere così pienamente a tutto ciò che ci offrono il mondo e la vita: la musica, una passeggiata nel bosco verso l’alba, il colore e il profumo di un fiore, le parole intelligenti e sagge di qualcuno. Nessuno sapeva accarezzare un tessuto di gran pregio o un animale con il tocco appassionato di Krisztina. Nessuno sapeva rallegrarsi come lei delle piccole cose quotidiane.
Provava interesse per tutto, uomini e bestie, astri e libri, senza per questo darsi delle arie di superiorità senza atteggiarsi a intellettuale, ma al contrario accostandosi a tutto quello che la vita ci offre con la serena esultanza di chi si sente a casa sua nel mondo. Come se tutte le manifestazioni del mondo la riguardassero personalmente, capisci? …si, tu mi puoi capire. E saprai come al suo spirito cosi aperto e scevro di pregiudizi si unisse una grande umiltà, come se lei si rendesse sempre conto che la vita è un grande dono, una grazia suprema.

Sandor Marai, Le braci (1942)