Nha Trang > Dalat

dalat backpacking adventure motorcycle motorbike bike motocicletta explore exploring travel nature traveling Vietnam viet nam zaino in spalla QL27C

Il ciccio australiano mi ha consigliato di prendere la QL27C da Nha Trang per Dalat. Una strada perfettamente asfaltata e senza vie d’uscita. Per 120 chilometri.
All’inizio sono effettivamente un po’ titubante: praticamente ci solo soltanto io a percorrerla, ma non mi va di tornare indietro e perdere i chilometri già fatti.
Dopo un po’ però a strada si restringe. Gradualmente, diventa più sinuosa e circondata da più vegetazione e tunnel alberati. Nel giro di forse un’ora prende a snodarsi in salita su per le montagne fino ad arrivare in quota alle nuvole. Un paesaggio del Vietnam decisamente inaspettato.

Grazie di cuore ciccio australiano.

dalat backpacking adventure motorcycle motorbike bike motocicletta explore exploring travel nature traveling Vietnam viet nam zaino in spalla QL27C

Per la prima volta incrocio altri backpacker in motocicletta, che viaggiano in senso opposto al mio. Ci accenniamo un saluto sollevando un paio di dita, poi passiamo oltre, ognuno nella propria direzione.

Insieme alla quota, aumenta anche la percezione del freddo. Ho la pelle d’oca alle braccia e un gelo che mi sale su per la schiena. Osteria ragazzi, che arietta che tira.
Mi fermo, libero il bagaglio dalle cinghie e indosso i pantaloni lunghi e le scarpe. Oh, quanto vorrei non aver dimenticato il maglione a Bangkok!

dalat backpacking adventure motorcycle motorbike bike motocicletta explore exploring travel nature traveling Vietnam viet nam zaino in spalla QL27C

cold freddo change backpacking adventure motorcycle motorbike bike motocicletta explore exploring traveling

Il paesaggio diventa sempre più imponente…

dalat backpacking adventure motorcycle motorbike bike motocicletta explore exploring travel nature traveling Vietnam viet nam zaino in spalla QL27C

poi spettrale….

dalat backpacking adventure motorcycle motorbike bike motocicletta explore exploring travel nature traveling Vietnam viet nam zaino in spalla QL27C

…fino a quando non si vede davvero più niente. Ogni curva è un salto nel buio, Le nuvole si sono trasformate in nebbia, aqua nebulizzata che mi si appiccica addosso e mi fa prendere un accidente alla schiena.

dalat backpacking adventure motorcycle motorbike bike motocicletta explore exploring travel nature traveling Vietnam viet nam zaino in spalla QL27C

Percorro la strada stando quanto più possibile sul ciglio e a velocità ridotta, forse più preoccupato dei mezzi che possono raggiungermi da dietro che quelli che ho contro. Subito prima di una curva segnalata un camion sbuca all’improvviso dalla nebbia e mi rendo conto che con il mio fanale da quattro soldi sono praticamente invisibile.

dalat backpacking adventure motorcycle motorbike bike motocicletta explore exploring travel nature traveling Vietnam viet nam zaino in spalla QL27C

dalat backpacking adventure motorcycle motorbike bike motocicletta explore exploring travel nature traveling Vietnam viet nam zaino in spalla QL27C

Sbuco dall’altra parte della montagna, che adesso non può più ostruire il Sole. La nebbia si ritramuta in nuvole, che si staccano dalla montagna come fumo di un incendio invisibile.

dalat backpacking adventure motorcycle motorbike bike motocicletta explore exploring travel nature traveling Vietnam viet nam zaino in spalla QL27C

Comincio la discesa, congelato e sbalordito, come un ragazzino appena fuori dalla giostra del Conte Dracula al Luna park. Dalla distanza, confondo un numero di gente locale per backpacker e solo perché hanno anche loro una Honda Win, la moto preferita in tutte le montagne del Vietnam, insieme alla meno rispettata Minsk di fabbricazione russa.

Adesso il paesaggio è più accogliente: attraverso un piccolo lago, nel pieno di una valle terra rossa ed alberi di Pino. La temperatura torna a salire, ma ormai non più calda come alla partenza.

minsk mountain mountains vietnam viet nam motorcycle motorbike backpacking explore exploring culture adventure traveling orange

Ad un’ora dall’arrivo, con la scusa di bere un caffè, mi fermo per scaldarmi un po’. Entro nella bettola di turno, uno stanzone fatiscente senza nemmeno l’intonaco. Il posto sembra deserto, ma la televisione è accesa, così gironzolo a vuoto scandendo un ‘hallo?’ di tanto in tanto. All’improvviso, dall’amaca al centro della stanza si solleva la testa di una giovane donna, con un neonato al grembo. Le faccio cenno di non scomodarsi, ma lei comincia a chiamare ad alta voce qualcuno dal retro. Il neonato non si sveglia nemmeno.
Un minuto dopo, una signora oltrepassa le tendine dietro il bancone e mi interroga con lo sguardo.

« ca phe? »

Si, signora ca phe, caffè, coffee, basta che sia caldo e ci sia un po’ zucchero dentro. Mi siedo su uno sgabello basso e mi sfrego le mani addosso nel tentativo di riscaldarmi. Sto quasi ritemprandomi quando scatto al pensiero… I vietnamiti di solito bevono il caffè con l’aggiunta di cubetti di ghiaccio; ho dimenticato di dire alla signora che io lo voglio caldo, anzi bollente! Lei però è di nuovo nel retrobottega e col cavolo che voglio interagire di nuovo con la figlia. Va bene, mi accontenterò dello zucchero.

vietnamese coffee caffè ca phe den da sua nong sua da culture viet nam explore exploring

Dopo qualche minuto la signora torna nello stanzone, stavolta col vassoio in mano e qui mi accorgo della prima piccola differenza col Vietnam delle pianure e delle coste: il caffè qui lo servono liscio, awww…

Raccolgo tra le mani la caraffa del the caldo (in Vietnam servito sempre insieme al caffè), mentre il l’acqua filtra attraverso il macinato e macchia con gocce scure il latte condensato sul fondo del bicchiere.

Sono davvero stremato.

ca phe sua nong warm vietnamese coffee condensed milk backpacking adventure explore exploring travel nature traveling Vietnam viet nam zaino in spalla

Tiro fuori il mio taccuino e faccio un paio di conti… con tutte quelle salite in terza la moto s’è bevuta 1 litro di benzina ogni 28 chilometri contro i 42 km/l percorrendo la costa in relativa pianura. Penso un attimo al percorso della giornata, le cascate a picco di crepacci lungo la strada, i paesaggi sterminati, la fitta nebbia che mi ha caricato di adrenalina… ma si che ne è valso la pena, che strada da paura!

 

 
CANZONE DEL GIORNO: Paul Simon – God bless the absentee

Tuy Hòa > Nha Trang

« Non puoi andare in giro in moto in infradito » Sentenziava un blogger « hai bisogno di scarpe! ».

Io le scarpe le ho indossate quando ho provato alcune motociclette ad Hanoi, per scegliere quella che volevo comprare. Quando l’ho trovata (la mia amata Honda Kerouac), durante il giro di prova è venuta giù una pioggia della Madonna. Non che me ne sia preoccupato, perché avevo su il poncho impermeabile, ma il poncho copre tutto tranne che le le scarpe. Insomma, nel giro di cinque minuti le mie scarpe erano così piene d’acqua che nemmeno le spugne nel lavandino di casa.

Che ti possino blogger, evviva l’infradito!

Ci ho ripensato di nuovo oggi mentre ero sotto una pioggia torrenziale diretto a Nha Trang, ma andiamo per gradi.

Ho lasciato Tuy Hòa senza troppi rimorsi (la città non è un granché), diretto verso Mũi Điện, una spiaggia carina carina consigliatami dalla tipina carina carina dell’ostello. Già prima di partire è venuta giù una pioggia torrenziale, di quelle coi goccioloni grossi come ciliege.
Stavo facendo ancora colazione. Il cameriere indica la mia motocicletta (lo zaino montato sul portabagagli) ed io lo rassicuro che va tutto bene: è avvolto dal sacco impermeabile. Il tipo ovviamente non capisce e va via, pensoso del perché non mi sia alzato per spostarla. Ve lo spiego tra un po’ il perché scrivo di questo aneddoto, ma già potete intuirlo. Ad ogni modo, smette di piovere, prendo un caffè e lascio la città.

Quando arrivo alla spiaggia è troppo nuvoloso ed umido per avere voglia di fare il bagno, ma il posto è davvero carino! La spiaggia è in una cala circondata dalla vegetazione. Ci sono delle dune ed una specie di laghetto alle spalle.

viet nam vietnam backpacking motorcycle motorbike bike adventure exploring explore traveling travel coastal road coast rocks massi

Riprendo la corsa ed arrivo alla baia di Vung Ro. La strada sale di una cinquantina di metri. Arrivo in cima. La baia appare subito dopo le prime curve in discesa, fosca e imponente. Faccio un paio di foto panoramiche, ma non rendono le dimensioni. La vastità del paesaggio è un’impressione potente.

viet nam vietnam vung ro bay baia backpacking motorcycle motorbike bike adventure exploring explore traveling travel coastal road coast

C’è un gran numero di case galleggianti, ognuna con le sue belle vasche per l’allevamento dei pesci e su fondo una decina di navi da cargo che hanno dato fondo, protette dalla baia (siamo sull’oceano pacifico, posti come questo sono la manna dal cielo per chiunque abbia a che fare col mare).

viet nam vietnam vung ro bay baia backpacking motorcycle motorbike bike adventure exploring explore traveling travel coastal road coast

Verso la fine della baia c’è un bivio. Imbocco la direzione sbagliata, me ne accorgo, ma il paesaggio è così suggestivo (una valle con al centro una specie di laguna) che decido di continuare.

Faccio benzina e con un po’ di matematica scopro quanti chilometri faccio con un litro (42). Ricomincia a piovere a dirotto, così entro in una bettola lungo la strada per mangiare un boccone. Riesco a far capire alla cuoca “riso” e “carne”. Ordino una birra e mi siedo.

viet nam vietnam vung ro bay baia backpacking motorcycle motorbike bike adventure exploring explore traveling travel mountains mountain montagna montagne natura rain pioggia chuva regen nature

Come al solito sono tutti curiosi di me e della mia moto (verde militare – qui a volte la gente va vestita come se fosse ancora in guerra con gli Stati Uniti). Faccio due coccole ad una gatta bianca e morbida che sembra un tappeto ed ecco che arriva il cibo.
Il pranzo non sarebbe un dettaglio di nota, se non fosse che la cuoca abbia provato a farmi pagare una (relativa) fortuna.

Di solito, non potendo parlare, la gente mi comunica il conto mostrandomi le proprie banconote. Nel caso specifico, la cuoca mi ha raggiunto al tavolo tutta sorridente e sventolando una banconota da 100.000 dong (l’equivalente di 4 euro). Non che un euro in più o in meno faccia chissà quale differenza, è l’idea di essere turlupinato a darmi fastidio. Apro il mio taccuino e mi faccio dire il prezzo di ogni cosa che ho mangiato. Scendiamo così a 70.000 dong (3 euro) e siamo ancora alti coi prezzi. Ok, tieniteli, aggiudicato. Ho problemi più grandi oggi: la pioggia.

viet nam vietnam vung ro bay baia backpacking motorcycle motorbike bike adventure exploring explore traveling travel mountains mountain montagna montagne natura rain pioggia chuva regen nature

Questo entroterra non mi piace. Torno sulla costa e prendo la strada lungo il mare. Mentre l’attraverso, rallento in prossimità di una curva, in discesa lungo una strada in pendenza bagnata dalla pioggia. Un tipo in scooter mi affianca e comincia a blaterare:

« xxx xxxxxxxx x xxxxxx! »

« Ciccio, che vuoi? »

(sono tutti Ciccio per me in Vietman. Chiamo tutti così, per loro è uguale)

« xxx xxxxxxxx x xxxxxx!!! »

« dici che guido male? »

« xx! »

« ah si? »

« xx!!! »

« cioè qui in Vietnam guidate tutti di merda e tu adesso ti lamenti di come guido io? »

Il tipo blatera ancora qualcosa che non voglio sapere e mi semina dopo qualche curva.

Mi mancherà molto.

viet nam vietnam vung ro bay baia backpacking motorcycle motorbike bike adventure exploring explore traveling travel mountains mountain montagna montagne natura rain pioggia chuva regen nature

Mi fermo ogni minuto a fotografare il mare, la costa, le barche… prometto a me stesso di aspettare almeno cinque minuti tra una pausa fotografia e la successiva, ma l’infrango in un minuto. La pioggia esalta i colori e rende la costa ancora più bella e misteriosa. La vegetazione affonda nella nebbia e… insomma, pure oggi si viaggerà dopo il tramonto.

viet nam vietnam vung ro bay baia backpacking motorcycle motorbike bike adventure exploring explore traveling travel natura nature pescatori fisherman fishermen village villaggio pesca gabbie fish cage cages green

Passo attraverso un paio di villaggi di pescatori. Alcuni di loro stanno montando sulla strada quelle che credo siano gabbie da allevamento (coloratissime). Prima di entrare nell’ennesimo villaggio mi fermo in un caffè ‘con vista’, che mi sembra un po’ riduttivo:

viet nam vietnam vung ro bay baia backpacking motorcycle motorbike bike adventure exploring explore traveling travel natura nature pescatori fisherman fishermen village villaggio pesca coast costa

e poi…. ok, adesso piove sul serio. Comincia piano, poi più acqua… e di più… di più, fino a quando le gocce si trasformano in piccolo chiodi affilati, in affondo sulla mia faccia che nemmeno uno scrub cinese. I TIR che mi passano vicino mi coprono d’acqua. L’onda d’urto del vento mi fa sbandare, ed io sono così in preda alla disperazione e sull’orlo del panico che rido come un deficiente.

« cazzoooooooo! »

Arrivo in un posto sperduto a mezz’ora da Ninh Hòa, di strada verso Nha Trang. Piove così tanto che non è davvero possibile continuare, poi sta per fare anche buio… ma diamo un’occhiata alle previsioni del tempo:

tropical storm damrey satellite image november 2 2017

La tempesta tropicale ‘Damrey’ diventerà un tifone prima di abbattersi sul Vietnam.

accuweather.com

Adesso controllo lo zaino e scopro che il famoso involucro protettivo ha perso la cera nel corso degli anni e adesso lo zaino e zuppo d’acqua piovana. Sono bagnato anch’io dalla vita in giù. L’unica cosa rimasta asciutta a questo punto sono le mie spalle.
Non posso dormire in questo posto dimenticato da dio e dalle mappe e ormai non fa più alcuna differenza guidare sotto la pioggia. Torno in sella e mi dirigo verso Ninh Hòa, che almeno un nome sulla mappa ce l’ha. Piove ancora per una decina di minuti, poi diminuisce.

viet nam vietnam vung ro bay baia backpacking motorcycle motorbike bike adventure exploring explore traveling travel highway autostrada road rain pioggia chuva regen

Incrocio una donna in autostrada. La sta percorrendo contromano ed ha la mano sugli occhi, perché la pioggia le da fastidio. Mentre ci incrociamo noto che sta osservando la striscia bianca sull’asfalto, per capire se sta andando dritta.

Aspetta, lo ripeto, perché voglio che tu capisca: una donna stava guidando contromano in autostrada con una mano sugli occhi. Questo da solo è il migliore esempio di come guidino i vietnamiti.

Per qualche miracolo smette di piovere ed io decido di continuare fino a Nha Trang, cantando I Feel Good di James Brown per la gioia. Le macchine mi passano vicino e i passeggeri mi guardano cantare a squarciagola.

I feel good! na, na na, na na na na!

Sono arrivato a Nha Trang.

 

 
CANZONE DEL GIORNO: ZZ Top – La Grange

Da Dia Reef (Qui Nhơn > Tuy Hòa)

L’ostello/resort è a sud di Qui Nhơn, ma prima di partire ho bisogno di fare benzina e, soprattutto, una colazione decente. Torno sui miei passi e do un’altra occasione a questa piccola città di regalarmi qualcosa.

grilled pork vietnam viet nam homemade home-made victory meat pig explore traveling

Mangio in una bettola a caso, l’immancabile Pho Bo, poi ordino un caffè. La signora mi dice che non lo serve e che devo andare al bar di fronte. Questo capita così spesso che chiedere un caffè equivale quasi sempre a chiedere indicazioni.
Il “bar di fronte” è nascosto in un cortile al riparo dalla strada. Un gruppo sta giocando all’ennesimo gioco a carte che non riesco a capire. Una signora senza denti mi si siede vicino e mi sorride*, poi prende la racchetta elettrica e ammazza qualche zanzara. Torna a sedersi vicino a me ed indica il ventilatore, vuole che lo accenda per me. Chissà, forse per i vietnamiti è così fondamentale che pensano che siamo un po’ tonti a tenerlo spento. Un brivido mi corre lungo la schiena sudata, roba da crampi. Lo spengo e torno al mio caffè.
Mi accendo una sigaretta. Faccio un cenno al proprietario del bar. Gli chiedo un posacenere e lui mi indica il pavimento.

Qui Nhơn non è il posto migliore per bere il caffè. Quasi tutti servono una specie di frappé schiumoso che per carità la schiuma, ma la poesia del caffè che lentamente gocciola e sporca il latte condensato si perde senza guadagnarci niente in cambio. È il marketing.

Non posso partire senza prima bere un caffè decente. Vado allora in una specie di bar-fattoria, appena fuori dal centro abitato, coi polli, le zanzare tigre ed una signora antipaticissima che serve il caffè migliore nel raggio di 10 chilometri. È proprio ora di partire.

Guido per un paio d’ore senza fermarmi fino a Da Dia, una scogliera fatta di rocce esagonali, un po’ come quelle che ci sono in Irlanda. Me le ha consigliate Andrea-dalla-svizzera, tramite una sua anonima amica vietnamita.

Grazie anonima vietnamita.

Da Dia Reef cliffs coast hexagonal volcanic rocks waves sea rocce vulcaniche mare nature Viet Nam Vietnam Southeast Asia backpacking traveling adventure explore exploring

Per raggiungere la scogliera bisogna guidare per una quarantina di minuti attraverso una serie di borghi, lungo una strada piena di buche (più tardi scoprirò di essermi perso questo ponte da paura, nooo!). Col cavolo che vedrei questo posto se non avessi la motocicletta! All’arrivo un gruppetto di ragazzini mi circonda e mi regala un paio di conchiglie prese dalle loro ceste.

« No money, no money » mi ripetono.

Appena ne prendo una più carina, però, ecco che il più sveglio dei tre mi chiede dei soldi, qualcosa come venti centesimi d’Euro. Ah canaglia! Glieli do, sorprendendo gli altri ragazzini, che adesso pensano che avrebbero potuto guadagnarci qualcosa anche loro.
Mi mostrano altre conchiglie, ma è tardi e me ne devo andare! Il Sole è già basso sull’orizzonte ed ho un boato di strada ancora da percorrere.

Entro nel parco, butto le conchiglie gratis, quindi bruttine, ed arrivo alla scogliera.

Da Dia Reef coast costa rocce sea mare Viet Nam backpacking Vietnam traveling travel adventure explore exploring

C’è un po’ di gente, ma non troppa, solo che sono tutti così impegnati a farsi i selfie e me ne trovo sempre uno davanti. Una ragazza mi si mette vicino e si fa una foto con me. boh, ok. Mi giro e c’è una ragazza con una reflex che fa foto all’amica. C’è persino una coppia di sposi che aspetta annoiata che gli altri se ne vadano per farsi la foto sdolcinata del bacio sulla scogliera con tanto di velo da sposa al vento. L’assistente del fotografo lo lancerà in aria prima di ogni scatto.

Da Dia Reef coast costa rocce sea mare Viet Nam backpacking Vietnam traveling travel adventure explore exploring

Mentre vado via scopro una biforcazione lungo il sentiero. Porta verso il lato più esposto della scogliera e la parte più bella del parco…

Da Dia Reef coast costa rocce sea mare Viet Nam backpacking Vietnam traveling travel adventure exploring

Torno al parcheggio. I ragazzini sono ancora lì e stavolta sono davvero una seccatura. Hanno adocchiato le lanterne che ho comprato a Hoi An, legate dietro la moto, ed insistono che apra. Faccio partire la moto mentre loro ancora provano a convincermi e torno alla mia bella strada piena di buche.

Dovrei tornare alla strada principale, per poter andare veloce e recuperare tempo, ma sono in vacanza ed ormai è tardi comunque. Alla prima occasione svolto verso sud e continuo lungo strade terrose. Percorro forse un chilometro che un percorso stretto tra campi di riso mi invoglia all’ennesimo off-road… praticamente un off-road dell’off-road.

A path along the Rice fields green bucolic melancholy Viet Nam backpacking Vietnam traveling travel adventure exploring

Spavento un gruppo di papere che scappano urlando (‘quaaack! quuuaaaaaack!’) e faccio l’ennesima foto: natura morta con Honda Kerouac… mi ci sto affezzionando troppo!

rice fields vietnam viet nam motorcycle motorbike backpacking adventure exploring explore campi di riso motocicletta moto avventura explorare zaino in spalla honda win

Basta, me ne devo andare da qui altrimenti non arrivo più, potrei passare anche mezz’ora a contemplare il campo di riso coi bisonti che ci pascolano sopra. Mi rimetto in sella deciso a recuperare quanta più strada possibile. cinque chilometri più avanti attraverso un ponte, sospeso tra un tramonto ed un istmo in lontananza a ridosso dell’oceano. e c’è uno strano suono nell’aria, come se ci fosse un minareto da qualche parte con il megafono rotto che inonda lo spazio con un suono denso e costante. Mi fermo di nuovo e lascio che mi faccio pervadere da quest’atmosfera irreale.

Un motorino mi scorre davanti ricordandomi del mio proposito di non viaggiare dopo il tramonto, ma non posso semplicemente andarmene adesso; voglio esplorare questo posto. Subito dopo il ponte imbocco una strada che scende lungo lo specchio d’acqua, lì dove sono attraccate le barche dei pescatori.

seaside mare boats barche vietnam viet nam motorbike backpacking adventure exploring explore moto avventura esplorare zaino in spalla honda win

Il tempo di scattare qualche foto ed un gruppo di bambini usciti dalla scuola mi circonda. Io sorrido, dico ciao in vietnamita e loro rispondono in coro… fine del repertorio. Io ed il maestro, un signore pacifico in piedi dietro i bambini, ci scambiamo un’occhiata sul da farsi. Sollevo le spalle, saluto la classe e riparto.

Devo essermi confuso con la mappa, perché mentre cerco di tirare dritto un ragazzo si sbraccia per dirmi di tornare indietro, che la strada è un vicolo cieco. Torno allora al ponte imbocco di nuovo una strada secondaria… l’ennesima deviazione, perché ormai è tardi comunque.

Sbaglio strada e sono di nuovo in un vicolo cieco, ma davanti al mare stavolta. Parcheggio la moto mentre un paio di famiglie sparse lungo lo spiazzo mi osserva da lontano e cammino verso la spiaggia. Il tempo è troppo brutto per godersela, ci sono giusto un mucchio di ‘barche a cesta’ (basket boat), tipicamente vietnamite, ma a dirla tutta anche abbastanza simili alle Coracle gallesi.

fishermen's beach somewhere in Vietnam adventure motorcycle motorbike backpacking spiaggia strand Viet Nam

Mi rimetto in sella lungo la strada che comincia adesso a restringersi sempre di più, fino a diventare qualcosa come nemmeno due metri sabbiosi… troppo sabbiosi! Devo procedere a passo d’uomo coi piedi pronti ad appoggiarsi a terra, semmai dovessi cadere. Scavalco un mucchio di sabbia più alto ed ecco che la moto mi scivola da un lato. Riesco a restare in piedi per miracolo, guardo avanti e mi scambio un “wow!” eccitato con un tizio che per caso mi stava camminando contro per andare chissà dove. Siamo entrambi sorpresi che non sia finito col sedere a terra.

La deviazione si immette sulla strada che proseguiva dal ponte e poi finalmente di nuovo sulla strada principale: asfalto.

Noioso, noiosissimo asfalto.

 

 

CANZONE DEL GIORNO: Burning Leaves, Matthew Austin

Ca phe sua da

Mi basta pensare a cosa ho fatto o dov’ero già solo uno o due giorni fa per vivere la sensazione di un ricordo remoto. Ero sull’isola di Ly Son quando, ieri? …stamattina?! Mi sono svegliato alle 6:30a per prendere il primo traghetto e non dover viaggiare di nuovo di notte e stavolta ci sono anche riuscito.

Sa Ky port boat boats cyan turquise turchese wooden battelli fisherman fishermen's fishermen pescatori rimorchi

La moto va che è una meraviglia (beh, relativamente parlando) ed il meccanico di oggi, un ragazzetto introverso che non gli daresti due lire, mi ha persino aggiustato il contachilometri. Non che queste riparazioni servano davvero… e che mi piace andare dal meccanico ed imparare qualcosa di più su com’è fatta e funziona una motocicletta. Mi ci sto appassionando.

Mentre il meccanico sparisce per raccattare non so che pezzo di ricambio io faccio un video al povero uccello che tiene prigioniero in una gabbia dell’officina.

Con una pessima scusa ho seminato la svizzera che viaggiava con me, così sono di nuovo per i fatti miei, come piace a me. Prima di lasciarci mi ha consigliato un po’ di posti interessanti come quello dove sono ora: Bãi Xép, in un mini-resort in riva al mare che solo che penso che pago tipo € 5 per notte…

Il tempo e compresso, dilatato, compromesso. A volte giorni, settimane o (quando ci va proprio male) mesi interi passano così, senza lasciare traccia alcuna e poi, in situazioni come quella di questo viaggio ogni giorno è invece un’esperienza unica, indipendente da quella del giorno prima o di quello a seguire.

Giusto ieri ero sulla spiaggia di Hang Câu quando una signora si è avvicinata per raccogliere i nostri rifiuti. Già solo questo sarebbe un evento di per se, dato che la stragrande maggioranza dei vietnamiti i rifiuti in spiaggia ce li porta, ma come al solito sto divagando. La signora aveva una voce leggera, morbida e gentile. Un suono a metà tra la pace interiore e la sconfitta. Vuole provare gli occhiali rotti della svizzera. Mentre lei glieli lasciava indossare io le ho scattato di nascosto un paio di fotografie.

anziana signora spiaggia Hang Cau vietnam

anziana signora spiaggia Hang Cau vietnam

anziana signora spiaggia Hang Cau vietnam

Il viaggio di ritorno da Ly Son è stato abbastanza tranquillo; nulla a che vedere con le montagne russe dell’andata. Tornati al porto di Sa Ky, come già detto, ho ripreso la corsa da solo, fermandomi prima per delle riparazioni alla motocicletta e poi a cambiare l’olio. Passo attraverso un paio di città trafficate e stressanti, poi percorro un’autostrada alquanto monotona e con deviazioni strane per restare sulla QL1A. Mi sento un po’ in colpa per aver lasciato Andrea da sola, ma ormai è fatta.

rice fields field bulls bull bisont bisonts buffalos buffalo bufali vietnam viet nam green verdi stork storks cicogna cicogne explore exploring traveling travel viaggiare motocicletta motorcycle motorbike bike backpacking

Dopo un po’ di tempo trascorso in rettilineo ecco che tornano i campi di riso ed i bufali al pascolo. Ogni bisonte ha al seguito quelle che sembrano cicogne. A quanto pare mangiano gli avanzi che cadono dalla bocca del bisonte, ma non ne sono sicuro.

Più avanti mi imbatto in un tratto di strada i cui bordi sono coperti da strisce colorate. Sono li a seccare prima di essere intrecciate per farne tappeti.

stripes carpet carpets vietnam viet nam adventure culture handmade explore exploring backpacking waving artigiani artisanal work man-made

Le strisce non sono l’unica cosa lasciata a seccare al sole… di fronte alla baracca di lato alle strisce ci sono una serie di pannelli di vimini con una specie di pane duro appicciato sopra. Entro nella baracca con la scusa di comprare dell’acqua e cerco di capire che roba è quella. Il traduttore sul cellulare non funziona un granché; ci metto un po’ di tempo a farmi capire.

coconut flatbread vietnam viet nam culture food home-made exploring explore backpacking

Mi mostrano il contenuto di una grossa pentola dove fanno sciogliere la polpa della noce di cocco e mi fanno assaggiare del pane che è tutto fuorché croccante! Mi si appiccica ai denti, ha un sapore scialbo. Mi porgono una busta con delle forme confezionate, ma faccio cenno di no, mi va bene l’acqua. Mi rimetto in sella e continuo la corsa per Bai Xep.

Non passa molto tempo che raggiungo e supero un tizio in motocicletta che trasporta una quantità assurda di banane. Tiro dritto per un minuto ridendo, poi faccio inversione… devo assolutamente fotografarlo! Lo vedo che svolta in una strada laterale. Lo seguo e quando finalmente lo raggiungo la moto è già parcheggiata:

banana motorcycle motorbike bike viet nam adventure explore exploring backpacking vietnam viet nam

Infilo la reflex nello zaino e continuo fino al centro abitato successivo. Qui google maps mi dice di svoltare a destra, percorrere qualcosa come quattro isolati e poi di nuovo verso la strada di prima… me ne accorgo quando ho già svoltato.

Grazie Google maps.

googlemaps google maps pearl ombre frastagliate shade street strada viale alberato alley of trees avenue allee motorcycle motorbike bike backpacking motocicletta moto adventure traveling travel viaggiare viaggio vietnam viet nam

 
PAROLA DEL GIORNO (VN): Cà phê sữa đá (caffé freddo vietnamita con latte condensato e ghiaccio)

Lý Son

Il vietnamita è una lingua tonale. Quella che per noi è solo una sillaba (o parola), in base a come la si pronuncia (secca, lunga, ecc.) questa avrà per loro un significato differente.

« Vô! » dico sollevando il mio bicchiere (al tavolo vicino al nostro del ristorante dove abbiamo appena cenato) pronunciando la “o” monotona e poi subito in salita. Un attimo fa, uno dei tizi del tavolo si è avvicinato e mi ha versato un po’ di birra, così ci siamo spostati al loro per un brindisi.

« Vô! » ripeto ad alta voce e tutti alzano il bicchiere divertiti.

Loro dicono “salute” in un altro modo, ma ce lo siamo già dimenticati, così usiamo la traduzione di google translator (indispensabile sull’isola) e tutti ridono di gusto. “Vô” va bene.

Mi sono appena mangiato un’aragosta per poco più di dieci euro, uccisa e fatta alla griglia per me. Non è moralmente appagante indicare l’animale vivo che si vuole mangiare, ma… tu, aragosta, sei stata deliziosa. Ti ho pure spento la sigaretta del dopo pasto sulla corazza, perché i soldi non comprano tutto, ma di certo la tua vita.

Siamo sull’isola di Lý Son, a un’ora e mezza dalla terraferma. Un viaggio su onde di forse un paio di metri, roba che dopo mezz’ora vomitavano tutti. La barca imbarcava acqua dalle porte laterali, rollava, beccheggiava e la gente dormiva, poi si svegliava e vomitava nelle buste di plastica, fornite dall’addetto alle buste di plastica. Un televisore gigante provava ad intrattenere con un talent show di musica vietnamita sdolcinata, ma l’audience vietnamita era troppo impegnata con le buste di plastica per esserne rapita. C’è una prima volta per tutti.

 
L’isola di Lý Son è famosa per l’aglio, una varietà speciale coltivata nella sabbia bianca dell’isola, circondata da palme nere. Un’ora dopo essere approdati (insomma appena guariti dal mal di mare) siamo andati in cima al… cratere? di Thới Lới al tramonto per scoprire l’isola dall’altro: un paesaggio saturo di colori in lontananza (rubo una frase di Guccin) e campi d’aglio a non finire.

img_5645-web

Di fronte al porto, le tizie alle bancarelle del mercato (ma sono sempre donne!) ci fanno sentire come i primi occidentali a visitare l’isola… che a giudicare dalla completa incapacità di parlare inglese non è poi un’affermazione poi così lontana dalla dalla realtà. Lý Son si sta ancora adattando al turismo, lo si intuisce anche dai prezzi: 30k dong per farti riparare la motocicletta ti fa venir voglia di romperla intenzionalmente.

img_5603-raw-edit-web

Anche travelfish (sito dalla quale sto ultimamente sviluppando una dipendenza) segnala la transizione verso il turismo. Segnala anche la presenza di montagne di spazzatura sulle spiagge, perché se c’è un problema in Vietnam, è proprio l’insensibilità dei locali verso il concetto di smaltimento. Persino le spiagge nella baia di Ha Long sono invase da monnezza di tutti i tipi, dalle reti dei pescatori alle scarpe di plastica. Si butta tutto a mare, che di suo riversa tutto sulla costa e addio turismo.

img_5677-photomerge-web

Ad ogni modo, pare che l’isola di An Binh abbia le spiaggie migliori. Vorremmo andare li e dormire in spiaggia (c’è un camping), ma l’ufficiale della capitaneria ci dice (google translator) che non ci sono barche per via delle onde e del vento forte. Non faccio in tempo a bestemmiare che comincia a piovere di brutto. Che le due cose siano collegate?

img_5630-edit-web

Spiaggia o non spiaggia qui si mangia pesce e frutti di mare come fossero caramelle. Ci consigliano (google translator) un ristorante e la proprietaria passa una ventina di minuti con noi a dirci (google translator) prezzi e cosa ha e non ha in cucina per noi.
Ogni volta che vuole dire di no porta una mano all’altezza della tempia e la agita aperta. Significa no in vietnamita… dalle mie parti significa che sei un po’ schizzato. Attenzione che il gesto genera dipendenza. Adesso ogni volta che non voglio qualcosa agito la mano anch’io (e mi lasciano stare all’istante!).

Insomma, scorpacciata di gamberetti alla griglia, con una marinatura che non vi dico. Ci facciamo portare anche una specie di pane carasau di riso che non ho ancora capito come si chiama.

img_0111-web

Il jackpot lo si fa il giorno dopo, in un ristorantino davanti al molo. Vasche piene di pesci e crostacei vivi, come lo sproporzionato granchio Huynh De, o un altro dalle chele blu che non so ancora cos’è ma ti mangio comunque.

img_0113-web

 
PAROLA DEL GIORNO (VN): cơm (riso)

Hai Van Pass

Non è una bella sensazione vedere mani inesperte smontare selvaggiamente la tua motocicletta, che già non sta bene insieme da sola. Mi sgonfiano la ruota posteriore, svitano quella davanti, via gli specchietti e bam, infilata con forza nel vano bagagli dell’autobus notturno.
Dieci ore da Ninh Binh fino a Hué, perché me la sono presa troppo comoda nel Vietnam del Nord ed ho un po’ di fretta adesso. Insomma, voglio aprire google maps e vedere la mia posizione lampeggiare decisamente più a sud. Questo dovrebbe essere sufficiente per restituirmi un po’ di serenità.

img_0009-web

Arriviamo a Hué intorno alle 6a. La ragazza svizzera che viaggia con me al momento non lo sa che cosa hanno fatto alla sua motocicletta. Glielo dico qualche minuto prima di arrivare e lei la prende anche piuttosto bene. Ad ogni modo ce le rimontano piuttosto decentemente, a parte dimenticarsi il bullone del perno della ruota anteriore… che non è una bella cosa.

Mentre il meccanico ce le revisiona e mi cambia l’ennesimo pezzo (il freno stavolta) mangiamo un Pho Bo (la colazione vietnamita più popolare) in una bettola proprio di fronte all’officina.

Mi piace mangiare nelle bettole, come se la sporcizia fosse sinonimo di qualità. Ormai non conto più le volte in cui alla domanda « dov’è il bagno? » il volto del povero vietnamita di turno si è riempito di imbarazzo.

img_5225-edit-web

In una bettola di Hanoi, a due passi da dove ho comprato la moto, ho assistito ad un battibecco tra una donna che mi stava indicando il bagno sconsolata e un’altra che probabilmente la stava rimproverando perché non doveva lasciarmelo usare… Io volevo solo fare la pipi. Quando la porta sul retro si aprì, capii il perché del teatrino. Il corridoio non illuminato che portava al gabinetto era allagato di acqua piovana, sporca e terrosa. Un 20-25 cm di acqua per la precisione.
« Oh… » dico tra me e me, mentre una di loro mi passa gli stivali di gomma.

Il cibo era ottimo.

img_5209-web

Facciamo un salto ad un parco acquatico abbandonato (…è ok.) e poi verso il passaggio di Hai Van (“Hai Van Pass”): una strada che si snoda lungo montagne alberate di fronte al mar cinese meridionale.

img_5228-web

Le uniche informazioni che trovo on-line indicano il punto più alto lungo il percorso, ma non come arrivarci partendo da Hué. Immagino che gran parte dei motociclisti prenda la QL1A, ma fintanto che macchine e TIR spariscano nel tunnel all’inizio del Passaggio (dove le strade si dividono) non sembra proprio un bel tragitto. Un’altra strada, la QL49B, passa attraverso una striscia di terra abitata, compressa tra il mare (l’oceano pacifico!) e quelli che dalla mappa potrebbero essere campi di riso.

img_5408-web

Al momento la strada non è un granché, ma ci immettiamo in un lungo rettilineo circondato da campi di riso ampi e luminosi.

Comincia a piovere.

merda merda merda, che facciamo? La svizzera non ce l’ha il poncho, ma mannaggia alla pupazza… le do il mio poncho di riserva: una busta di plastica gigante (chiunque lo indossi sembra un grande preservativo). Smette di piovere dopo qualche minuto e ci infiliamo nel primo posto che troviamo, una specie di bar su delle palafitte.

« Birretta? »

Una delle migliori decisioni della giornata. Il “Bar” è un ristorante fichissimo. Sul retro della grande sala all’ingresso ci sono un buon numero di cabine, raggiungibili tramite passerelle. Alle prime birre segue un piatto di noodles con polpa di granchio, poi direttamente un granchio bollito. Il cameriere ci porta due granchi vivi, che cercano di scappare appena posati a terra. Il più grosso, forse 25 cm da chela a chela, costa 330.000 dong (€12.5). Un’abbuffata. Il granchio si può mangiare quasi per intero, a parte le branchie (eww) e un altro paio di organi. Il cameriere resta vicino al tavolo tutto il tempo, divertito. Ci indica una cosa schifosa dentro il guscio che sembra catarro. L’assaggiamo, ma ha un sapore troppo intenso e salato. No, grazie, ma lui continua ad indicarlo. Gli faccio capire che non ci piace e lui non capisce il perché.

img_5314-web

img_5298-web

img_0031-web

 

 
Piove ancora un po’, il che è davvero piacevole, dato che siamo al coperto. Prendo le carte da scopa dallo zaino ed insegno il gioco alla svizzera (Andrea).
« Con questo gioco si distruggono amicizie » le dico.
Impara subitissimo… anche a schioccare la carta sul tavolo quando fa scopa. Perdo miserabilemente due partite, poi riprendiamo la corsa in moto. In cinque minuti siamo al ponte che collega la terraferma ad una striscia di terra lunga 20-30 chilometri, ma ricomincia a piovere, alchè propongo:

«Caffettino? »

Restiamo bloccati per un’altra mezz’ora. Giusto il tempo di battezzare la mia motocicletta con lo spray ed uno stencil (questa è per te Jack) e ricominciamo la corsa. Siamo fuori tempo massimo, ci toccherà viaggiare dopo il tramonto per arrivare a Hoi An.

img_5373-web

img_5357-web

img_5340-web

La strada QL49B è commovente. No, davvero, voglio piangere. Ovunque mi giri ci sono composizioni e particolari tutti da fotografare. Così tanti dettagli, colori, sensazioni che doveri percorrerla tutta a piedi per darle il giusto tempo (che non ho). Bufali che si crollano l’acqua di dosso, cani, polli, portici improvvisati degni di figurare su ELLE Decor, gente che canta al karaoke, bambini che ci salutano, cimiteri monumentali… voglio vivere qui per almeno un mese, ma come si fa?
Guidando, mi abbandono rumorosamente a gemiti di dolore…

HA… AHH… HAAHHHH!!!

img_5421-web

Dopo oltre mezz’ora un bivio ci porterebbe sulla strada principale, la QL1A, ma col cavolo che svoltiamo. Tiriamo dritti fino a quello che sulla mappa sembra un ponte (non si può sapere per certo in questo Paese). La strada diventa un sentiero più o meno fangoso, migliora, peggiora… lavori in corso, rischio un incidente e… il ponte esiste!

E come se tutto questo non fosse sufficiente, il passaggio di Hai Van lo dobbiamo ancora cominciare <3 img_5440-photomerge-web

Incrociamo la strada principale che incanala tutti i mezzi pesanti nel tunnel di Hai Van, lasciando la nostra strada libera dal traffico.
Forziamo le motociclette a pendenze dell’8%, in terza, mentre saliamo per la montagna attraverso un numero succulento di curve. Cambia la luce, gli odori… la temperatura.
A tratti, la strada ricorda quella vero la foresta Umbra, nel Gargano, ma molto più umida. Le nuvole scavalcano pesanti le vette delle montagne prima di riversarsi in basso verso di noi.

img_5506-web

img_5448-photomerge-web

Ok, è arrivato di nuovo il momento in cui non ne posso più di scrivere (e quanto ce ne sarebbe ancora!). Posto una foto della mia nuova compagna di viaggio in viaggio e il percorso di questa splendida corsa in motocicletta.

Au revoir!

img_5513-web

 

 
CANZONE DEL GIORNO: Regal – The Candidate (Sol Days Interlude) [feat. Ray Mann]

thuoc lao

Wild tobacco is a very different beast from its modern, tamed descendant. […] It tops out at around 9 percent nicotine, compared with 1 to 3 percent nicotine for the Nicotina tabacum used to make your average pack of Marlboros or Camels or whatever.

[…] My eyes watered, my nose and throat burned and by the time I was done I could barely stand. To say I was light-headed would be a vast understatement. I felt like someone had pulled the core out of my body and left me a hollow and weightless shell in its place. I was nicotine drunk – there was no other word for it.

Robert Evans – A Brief History of Vice: How Bad Behavior Built Civilization (2016)

Walking around the Old Town Hanoi, you’ll soon notice that at about every corner people of all ages smoke from a bamboo water pipe. I initially thought it was an opium pipe, but the smoke didn’t smelled like it at all. I had to wait until being in Cat Ba island to find out what was it.

One of the old guys of the Hostel (which doesn’t speak a word of english, by the way) start repeating a word to me: thuoc lao.

« thuoc lao. »

« thuoc lao. »

« Ok, I got it… »

« thuoc lao » (now laughing)

« ok! thuoc lao!!! »

« thuoc lao. »

« thuoc…

I was about to reach for his back, looking for the switch to turn off the guy. He was stuck.

The pipe is called Dieu Cay and it works like a bong, with the only difference that there is no hole for the air release. You’ll need to load the pipe with smoke, then blow in it to make the tobacco cap pop out (and by doing so opening an air way) and finally inhale as much as you can.

You get a hell of a kick.

1365498018808

Your limbs becomes weightless and you can’t help by leaning on your back and whisper « wow. ».

Nothing makes you more relaxed quicker than that. Just beware, cause the tobacco is strong as F. It will, oh yes it will, brutally scratch your throat and leave you literally breathless.
Unlike weed, the effect lasts less than a minute and after another two more you’re back in control, able to drive and bla.

« thuoc lao. »

« thuoc lao. »

« thuoc lao. »

 
WORD OF THE DAY (Vn): thuốc lào (Wild tobacco – Nicotiana rustica)

Cat Ba (baia di Ha Long)

img_4719-web

La baia di Ha Long conta qualcosa come 1600 isole e isolotti. Oggi, il nuovo gruppo all’ostello (si creano spontaneamente, ogni volta che mi sposto in un posto nuovo) ha affittato una barca, ma avevo bisogno di muovermi al mio ritmo, così ho guidato fino al molo di Bến Bèo e fatto portare in barca fino alla stazione galleggiante dei kayak.

« gira attorno all’isola… » mi dice il tipo della stazione « altrimenti ti perderai »

Effettivamente dopo qualche svolta qua e la per la baia è facile perdere l’orientamento. Ci sono davvero tanti, ma tanti isolotti e dopo un po’ sembrano tutti uguali, ma con qualche buon punto di riferimento si riesce a tornare indietro. Purtroppo non ho una borsa impermeabile, per portare la macchina fotografica con me. C’è comunque abbastanza materiale su internet per farsene un’idea:

halong-bay-gallery__002

Ci sono case galleggianti un po’ dappertutto e su ognuna almeno un paio di cani, che abbaiano ogni volta che mi avvicino con il kayak.

Una donna esce dalla sua bella baracca. Le gesticolo che voglio mangiare e lei dice di proseguire. Alla terza baracca trovo chi mi cucine degli instant noodles che sono abbastanza schifosi, ma riempiono la pancia. Qualsiasi interazione (servire il cibo, passarmi il conto, propormi un caffè) è accompagnata da una parola sola, ripetuta un qualcosa come 100 volte in mezz’ora: « okay ».

Il tipo mi serve del té « okay? ». Lo rifiuto e lui di tutta risposta mi porta della vodka « okay? ».
Okay.

Mi riposo un attimo, poi mi rimetto sul kayak. Nel frattempo si sono fatte circa le 2p e c’è una bonaccia perfetta per pagaiare senza troppo sforzo. In gran parte delle baracche galleggianti la gente schiaccia un pisolino, pure i cani dormono e mi lasciano stare. Non sono poi questo grande sistema di sicurezza dopotutto.

Molte chiatte hanno un numero di vasche di rete che sembrano vuote. Su una in particolare un ragazzo ci butta butta palate di piccoli pesci e l’acqua che fino ad un momento fa era immobile diventa un delirio di grossi pesci scuri che si dimenano per accaparrarsi la loro porzione.

img_4697-raw-web

Gli isolotti sono quasi tutti a strapiombo sul mare, ma ne trovo uno abbordabile. Attracco con il kayak, e decido di esplorarlo. A quanto pare non sono il primo a farlo… la vegetazione è stata tagliata e stretta per ricavarci un passaggio. Arrivo in un piccolo spiazzo con una serie di scatole di legno rialzate su dei paletti. Su ognuna di loro c’è un pezzo di lamiera a mo’ di coperchio con su una pietra.

Penso di tutto… api, serpenti, minuscoli alieni con sette zampe… ne apro una. Milioni di formiche ne escono fuori impazzite e dentro è uno schifo indicibile fatto di piccole larve bianche.
Quest’isola è un pacco.

img_4649-web

Ritorno sul kayak, mi ci sdraio sopra e mi faccio cullare per un po’ dalle onde. Cavolo, è già ora di tornare. Dimentico le flip-flops ed in un’ora sono di nuovo al molo.

img_4726-web

Guido in moto fino al centro dell’isola e raggiungo il parco nazionale, ma è troppo tardi per visitarlo (la storia della mia vita). Sulla strada del ritorno do un passaggio ad una turista russa un po’ tonta… il sole tramonta tra un’ora e a piedi ne ne avrebbe messo quantomeno il doppio. Insomma torniamo in città insieme , la mollo da qualche parte nella parte alta. Riparto, faccio 100 metri e la moto mi muore. Di già?

img_4666-edit-web

Ho una fame da lupi. Abbandono la moto e mangio un boccone in una bettola con vista. ho appena comincaito a masticare che intravedo il ragazzo che condivide il dormitorio con me, Tim, in sella al suo scooter. Grido il suo nome e per fortuna si ferma. Gli dico della moto, lui che sta andando a vedere il tramonto.
Ok, la moto può aspettare.

img_4635-web

La strada l’ha trovata per caso, cercando di raggiungere il ripetitore. Appena il sole tramonta la luce diventa di un rosa così intenso da riflettersi sulle montagne, sulla nostra pelle, su tutto. Mai vista una cosa così…

img_4777-web

img_4774-web

img_4764-raw-web

P.S. La moto mi funzia di nuovo

 
CANZONE DEL GIORNO: She’s a maniac (Flashdance)

Hanoi > Cat Ba

Oggi avrei voluto scrivere di Hanoi, di quanto mi fosse piaciuta la città vecchia e della strana sensazione, dopo 6 notti, di essere diventato prigioniero di quel posto. Niente di tutto questo. Oggi è stata un’avventura.

Il karma mi è stato avverso per giorni: pioggia, intempestività, mal di gola, ore ed ore buttate al vento, poche emozioni e troppa carne. Forse perché il tassista mi ha dato il resto sbagliato (a mio vantaggio) e no gliel’ho fatto notare? No. Tutto questo è servito a bilanciare questa giornata meravigliosa (e comunque no, non ci credo al karma, almeno non nel senso tradizionale del termine, ma sto divagando).

img_4442-raw-crop-web

Ho comprato una Honda Win Detech da 110cc per circa $ 250. La prima motocicletta che abbia mai avuto. Lascio il maledetto ostello alle 9, sistemo lo zaino sul portapacchi ed il cellulare su un gadget da manubrio, così per usarlo come navigatore. Nemmeno un’ora più tardi, mentre abbasso lo sguardo per l’ennesima volta per controllare il percorso, mi rendo conto che il cellulare non c’è più. Merda, ho dimenticato di stringere il fermo e il cellulare è sbalzato via dalla moto lungo l’autostrada… eppure un attimo prima c’era!
In Vietnam il codice della strada è un’opinione (no, non è una battuta), così posso fare inversione di marcia e percorrere l’autostrada in senso contrario, sul ciglio, nell’inutile tentativo di ritrovare il costoso mattoncino.
Mi fermo alla stazione di benzina e chiedo una mappa, ma nell’era dei cellulari e dei GPS una mappa cartacea è impossibile da trovare. Questo lo saprò per certo 2 supermercati, 3 librerie ed innumerevoli stazioni di benzina più tardi.

 

 
Arrivo a Hai Duong senza troppi problemi. Uso il computer per decidere il percorso da qui in avanti e noto una strada secondaria, un po’ più lunga della AH14, ma che promette bene. Quello che fino a quel momento è stato un percorso abbastanza noioso diventa una gioia per gli occhi (e per i polmoni, data l’assenza dei tir). Palme, campagne sconfinate, vacche, bisonti, cimiteri con lapidi a forma di padoga e chi più ne ha più ne metta. Ho un contatto d’occhi praticamente con ogni persona che incrocio. A volte sorridono. Ogni tanto, quando guido abbastanza piano, un bambino azzarda un “Hi!” o “Hey!” a seconda dei casi.

Mi perdo dolcemente… poi mi perdo e basta.

img_4499-raw-web

Ho imparato a dire “mappa” in vietnamita (qualcosa come “bán doooo”) e cerco di farmi aiutare dalle poche persone che incrocio. Uno in particolare gesticola con decisione di seguirlo, nonostante non gli abbia nemmeno detto dove stia cercando di andare. Arriviamo alla riva del fiume e mi fa capire che dobbiamo aspettare la chiatta, un coso rugginoso che aspetta solo me per affondare. Cerco di farmi mostrare la posizione sul suo cellulare, ma lui rifiuta. Mi guardo intorno… le altre persone attorno a noi mi osservano alcune divertite, altre con fare indagatore. Non mi sembra di avere molta scelta.

img_4490-web

Dall’altra parte, a parte una scena che non ho capito – dove la signora che riscuoteva il pedaggio voleva che abbracciassi una sua amica timida (boh) – sono arrivato senza troppi problemi a Hai Phong (che letto suona come ‘iPhone’, tanto per ricordami che il mio sta ancora in autostrada).
Cibo, caffè e pure wi-fi, solo per scoprire che probabilmente ho perso l’ultimo traghetto per Cap Ba.

Devo arrivare subito al molo. Ritorno in sella, ma finisco in un cantiere fangoso, una cosa pazzesca. Avanzo piano, in mezzo a qualcosa come altri 50 motorini. Appoggiare i piedi a terra significa affondare le scarpe nella melma, ma non ho scelta. Un operaio è in una pozza con l’acqua che gli arriva in vita. Faccio un centinaio di metri, poi rinuncio. Un furgoncino ha però chiuso la via del ritorno. Batto con la mano sulla fiancata « ma lo sposti ‘sto coso?! ». Dato che nessuno parla nemmeno l’inglese, parlo in italiano con tutti.
Scavalco un ammasso di fango secco mentre bestemmio la madonna e la madre del tizio, che intanto se la ride… il vantaggio della barriera linguistica. Corro dall’altra parte della città, verso un altro molo, ma sono di nuovo troppo in ritardo. C’è però un’autobus parcheggiato lì davanti con su scritto ‘Cat Ba’ …che però è un’isola. « Cat Ba » grida il controllore, in piedi alla porta del bus. « Cat Baaa! » ripete e mi fa vigorosamente segno di seguirlo.

Adesso… seguire un’autobus può sembrare una cosa facile, ma qui in Vietnam ci sono strade riservate a macchine e mezzi pesanti e altre ai motorini. Di solito corrono parallele ed hanno un traffico indipendente le une dalle altre. Mentre il mio autobus sfreccia a 60 all’ora, io mi blocco in un mercato del pesce in mezzo alla strada. La merce sta su dei teli messi sull’asfalto e le marmitte dei motorini scaricano direttamente sul pesce. No, davvero, vaffanculo a tutti, se perdo l’autobus mi tocca dormire in questo schifo di città. Con la moto faccio manovre tali da scandalizzare persino i vietnamiti (sto già diventando bravino con la moto) e riesco a raggiungere di nuovo il mio autobus, che mi porta fuori città nel bel mezzo del nulla.
La città è sparita, ci siamo solo io, il bus e e polvere da cantiere. La strada ha 8 corsie immacolate, per un rettilineo di forse 10 chilometri. Alla fine ci immettiamo su un lunghissimo e nuovissimo ponte che quasi collega Cat Ba alla terraferma, per altri 5-7 chilometri. Comincio a preoccuparmi di non avere abbastanza carburante. Busso sul serbatoio e lo sento vuoto. Meglio non pensarci, mi dico… ho comunque di che distrarmi.

img_4559-raw-web

img_4560-raw-web

Il paesaggio è bellissimo. Le barche e le palafitte si perdono nel bianco ovattato fatto d’acqua e di nuvole. Una cosa mai vista. Persino il Sole ne è inghiottito, lo posso fissare senza farmi male agli occhi. È tutto insieme così pulito e sporco che non riesco nemmeno a fotografarlo decentemente. La luce è morbida ed io mi metto a cantare Lucio Battisti a squarciagola senza nessun motivo, a parte quello di sentirmi libero e felice.

Mi fermo per fare qualche fotografia e vedo l’autobus sparire sul fondo.

Grazie autobus.

img_4603-edit-web

Il sole è quasi tramontato. Corro verso la fine del ponte e trovo la strada per il molo. Sono così ansioso di non perdere il traghetto che passo l’ingresso in velocità mentre la guardia mi grida « Ticket!!! ». Venti minuti più tardi sono sull’ultimo traghetto per Cat Ba, € 0.90 inclusa la moto.

Davanti la cabina del comandante c’è una terrazza, dove conosco tre vietnamiti in vacanza sull’isola. Anche loro sono eccitati e direi anche un po’ buffi. Ci siamo subito simpatici. Solo uno di loro parla più o meno inglese, con gli altri bisogna usare il traduttore.
Arriviamo sull’isola e decidiamo di raggiungere la città insieme. Una corsa in moto di mezz’ora nella notte e sono a dormire. Zzzzzzzz

img_4612-raw-web

img_4613-web

 
PAROLA DEL GIORNO (VN): bản đồ (mappa)