Sintra

Per una serie di motivi (il tempo instabile, il fatto che sta cominciando a fare freddo e io praticamente c’ho solo magliette, il lavoro,.. ) passo tutto il tempo a Lisbona, eccetto alcuni giri in posti vicini, come Bélem o appunto Sintra.

Sintra è tanto vicina a Lisbona quanto piccola, eppure è piena di movimento, di turisti ovviamente. Se togliessero il Palácio nacional (una casa/museo che non è nemmeno tutto ‘sto granché) la città dimezzerebbe le sue dimensioni.

Sintra
Sintra

Ma per cogliere l’aspetto forse più bello della zona è meglio uscire dal borgo e farsi un paio di kilometri (in salita ovviamente) per arrivare ai castelli. Non sono molto distanti in fondo, e la passeggiata in mezzo alla foresta (con maledetta strada asfaltatissima annessa) è piacevole. Dal basso però il castelo dos mouros sembra proprio irraggiungibile!

Per variare smettiamo di seguire la strada e ci infiliamo nella foresta, dieci minuti dopo sbuchiamo in uno sterrato e ci accorgiamo di essere dentro una proprietà lungo la strada: tra noi e la strada asfaltata c’è un cancello e delle telecamere…

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Castelo dos Mouros

Quando arriviamo in cima, dopo aver visto il castello, Shirin è stremata e paga 2 euro per il pulmino che dall’ingresso del parco fa gli ultimi 500m fino al palácio da pena (eravamo arrivati fin li a piedi per risparmiare i 4 euro e mezzo del pulmino, a/r, dei primi 2 km di salita, ma mi sentivo troppo stanco… e pure un po’ idiota a ricordarlo).

Palácio Nacional da Pena
Palácio Nacional da Pena

Il palazzo da Pena sembra un po’ disneyworld, rosso, giallo, blu, pieno di motivi e decorazioni strane ed eccessive, però per essere stato fatto più di un secolo e mezzo fa è proprio audace ..e unico. Di solito i castelli sono austeri, questo invece è buffo, quasi non sembra vero, non so dire se mi piace o meno.

Palácio da Pena

La cosa però che in generale è bella qui a Sintra è la foresta, e il giardino del palazzo è proprio un piacere da girare (anche perché tornando ce lo facciamo in discesa!). Ci sono alberi che non avevo mai visto, con rami più grossi del tronco, palme e laghetti.
Il tramonto accende per un attimo i colori e da forza alle ombre, una foresta incantata…

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Jardim do Palácio da Pena
Jardim do Palácio da Pena

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FRAINTENDIMENTO DEL GIORNO: sf rapariga (ragazza… in brasiliano “Prostituta”)

Évora

"terceiro direito" significa tre piani senza ascensore
"terceiro direito" significa tre piani senza ascensore

Pare essere diventata la mia nuova abitudine quella di scrivere i post in ritardissimo. Non per altro, è che dopo un po’ comincio a dimenticare alcuni particolari che voglio scrivere proprio per poterli leggere e ricordarli ..e che sono quindi la ragione per la quale scrivo.

Dicevo, Évora.. ci son stato ormai un mese fa!
“A quel tempo” stavamo ancora a dormire nella soffitta di casa di Rui e Monica, due coperte invernali stese per terra per fare spessore a mo di materasso e i sacchi a pelo, poi Shirin ha scoperto gli scarafaggi ed è stato un dramma.. io me ne stavo per trovare uno in mano perché era sull’interruttore e, io che non l’avevo visto, stavo accendendo la luce, ma tanto quelli si buttano ad angelo nel vuoto per scappare come disperati quindi pace.

Dovevamo fuggire da quella soffitta, un po’ per gli scarafaggi (saranno stati un paio, ma ormai Shirin li aveva visti..), un po’ perché la casa era di amici di un’amica di Shirin, e quindi io ero il ragazzo dell’amica dell’amica dei proprietari di casa, troppo alla lontana per stare due settimane a scrocco! Poi era anche tornato il ciccio spagnolo, quindi dalla sua stanza ci avevano spostato in soffitta ..diciamo pure tranquillamente che quindi che gli scarafaggi eravamo noi!

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Volevamo andare al mare, ma dio decise di mandare pioggia tutta la settimana, quindi demmo un’occhiata alla Lonely che parlava benissimo di Évora, che era anche abbastanza vicina.
Di certo ho visto di meglio, ossia, la città non è male, ben conservata etc.. ma venendo dall’Italia e soprattutto dopo aver visto Erice in Sicilia direi che mi ha lasciato piuttosto indifferente. Come città storiche già la vicinissima Spagna offre molto di meglio. Évora è comunque un posto piacevole, che merita una visita in un viaggio specifico in Portogallo, basta non sopravalutarla lasciandosi ingannare dalla maledetta Lonely (che già mi aveva fregato in Argentina con Salta, dove l’ostello era il posto che mi era piaciuto di più).

In città c’è una cappella interessante chiamata capela dos ossos, rivestita completamente di ossa: gli archi con i femori e le volte coi teschi, una cosa magari macabra per molti, ma forse solo curiosa. Il senso dovrebbe essere una cosa del tipo “ti facciamo vedere le ossa così diventi timorato di Dio”, per evidenziare ancora una volta la dipendenza della religione dalla paura della morte. All’ingresso c’è una incisione proprio simpatica: Nos ossos que aqui estamos pelos vossos esperamos (noi ossa che qui giaciamo per le vostre aspettiamo).

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A completare, un cadavere appeso sulla parete, con tanto di riflettore intermittente, nel caso uno non se ne accorga (di lato, nascosto dalla colonna c’è ne un altro, di un bambino).
I gestori della cappella hano colto l’essenza del significato dell’opera, quindi se come me volete fare le foto dovete pagare un euro in più!

Non molto lontano dalla Cappella ci sono due parchi, piccoli ma carini, la cui quiete è interrotta annualmente (..e aggiungerei anche che c**o, proprio quando ci stavamo noi) dalle bande di calouros (matricole) che vengono persino qui per farsi sottoporre dagli studenti seniores a tutte le torture immaginabili, che vanno dalle flessioni zavorrate agli shampoo di uovo crudo. Anche in Brasile se ne vedevamo, ma li si limitavano a sporcali di vernice e li vedevi così all’uscita della metro, a chiedere soldi per la festa, mah..

Comunque sia, il parco è invaso anche da pavoni, che girano indisturbati per le rovine a ridosso del parco facendo versi ridicoli, più li imitavo più mi guardavano strano ripetendo il verso.. chissà cosa gli avrò detto.

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PAROLA DEL GIORNO: sm pavão (pavone)

Belém

torre di Belém

A Rio de Janeiro c’è il lunghissimo ponte Rio-Niteroi, il Cristo Redentor in cima al Corcovado e il tram che arriva a Santa Teresa.
A Lisbona c’è il ponte Vasco da Gama, il, seppur più piccolo, Cristo Rei e una flotta di elétricos (tram) che sfrecciano e stridono.
Sia chiaro che sto parlando di un legame e non di una somiglianza!

Sono arrivato a Lisbona quasi due mesi fa e vedo che qui come a Rio c’è il quartiere di Lapa, o che molti nomi, come Santarém o Belém per l’appunto, esistono in tutte e due i Paesi.
Quello che però sembra interessante è che oltre tutta questa somiglianza di nomi ne esiste un’altra quantità che mostra, ricorda, come i due Paesi abbiamo avuto destini e storie diverse. Il Brasile è un pullulare di parole come acarajú, cajú, moleque), etc.. mentre in Portogallo è una distesa di “Al..” ..Algarve, Alentejo, Albufeira.

Due lingue (ops, una) che si sono mescolate, una a quella degli schiavi africani dell’Angola, l’altra a quella araba delle incusione more.
Qui a Lisbona, tralasciando lo slang, ci sono molte parole di uso comune che in Brasile non hanno significato, o che hanno un significato diverso (spesso opposto) e viceversa, per non parlare della pronuncia, di regole grammaticali e di un paio di regole ortografiche.

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I brasiliani dicono che parlano portoghese (anzi, molti pensano che IL portoghese, quello “vero”, lo parlino loro) mentre i portoghesi dicono che i brasiliani parlano il brasiliano, e che “quasi non è portoghese”. Questa, devo essere sincero, non l’ho ancora capita, dato che l’orgoglio nazionale brasiliano e la memoria storica portoghese suggeriscono un atteggiamento opposto (mah, sarà che ai portoghesi brucia ancora l’indipendenza del Brasile).

Dico queste cose perché mi è capitato spesso di imbattermi nella domanda “ma il brasiliano è portoghese o è una lingua a parte?”. Un paio di amici portoghesi mi han detto “noi adulti capiamo il brasiliano per via delle telenovelas della Globo che arrivano qui, ma i bambini il brasiliano non lo capiscono”, poi vedo scene come quella di Sintra, dove la brasiliana non capiva che l’autista le diceva “due persone” (in portoghese “duash p’ssoash”, in brasiliano “duas pessoas”).
Io che mi sono trovato a parlare le due lingue non vedo tutta questa difficoltà nel capirle entrambe, nel passare dall’una all’altra come dicono i madrelingua (!!!).

Chissà quanto c’è di vero e quanto invece e solo orgoglio che tappa le orecchie.

Tuttavia, credo che “decidere” se il brasiliano e il portoghese siano o no lingue diverse solo mettendo a confronto dizionario e grammatica sia in parte sbagliato in partenza. Il Brasile è indipendente da centinaia di anni, e in quel lasso di tempo ha creato una cultura innegabilmente propria, e spesso proprio per tramite “sua” lingua. Che sia intonata nella musica dell’invidiabile repertorio brasiliano, o fatta oggetto di scherzi (come fa Diego Abatantuono con la sua parlata ne Il barbiere di Rio) resta il fatto che, se proprio bisogna decidere, il brasiliano è per me una lingua a parte.. si, perché anche solo osservando la lingua (non solo quella brasiliana) da un punto di vista fonetico, scopro che non sono tanto le regole (spesso infrante) a farla sentire propria a chi la parla, ma è invece proprio la cadenza, l’accento, a darle la sua impronta culturale. Se non siete d’accordo andatelo a dire ai napoletani!

Mi viene in mente un personaggio de Il nome della rosa, Salvatore, che parlava tante lingue tutte mischiate, cominciava la frase in latino e la concludeva in tedesco. Eco lo aveva dipinto in modo superbo, di lui diceva che se ad esempio aveva vissuto una certa emozione quando era in Francia, parlando francese quindi, la descriveva e ne parlava in francese,.. un’affascinante favola sull’inscindibilità dell’esperienza con in contesto.

Che c’entra tutto questo con il discorso di prima? niente.

PAROLA DEL GIORNO (pt): Céu (Cielo)