Oporto… o Porto?

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I portoghesi chiamano la loro città Porto (così come la loro squadra di calcio FC Porto). Oporto è la traduzione in Inglese.

I portoghesi usano l’articolo determinativo per i nomi propri (un po’ come in nord Italia quando si dice ‘il Davide’ o ‘la Sara’). Il nome inglese della città si è evoluto da un’interpretazione sbagliata della pronuncia orale, giacché i portoghesi chiamano la città ‘il Porto’. La ‘O’ in Oporto è appunto l’articolo determinativo ‘il’ in portoghese.

Hans, amico ed ospite di Rui a Libona, ha scoperto che a natale i portoghesi (incluso Rui) passano le feste con la famiglia… io e Shirin abbiamo avuto la netta impressione che si stava annoiando a morte, così lo abbiamo invitato a visitare  Oporto (o Porto? boh) insieme a noi.

Arriviamo in città per l’ora di pranzo, così andiamo diretti al mercado do Bolhão, vicino alla stazione del treno, a fare scorta di mandarini e panini al prosciutto. Il mercato è decisamente uno dei luoghi da mettere in lista per una visita in città, suggestivo e movimentato.

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Attraversiamo il centro della città per raggiungere la Ribeira, il borgo antico di Oporto. A differenza di quello di Lisbona, Alfama, il quale sta diventando sempre di più una destinazione turistica (localini di musica Fado a prezzi esorbitanti e targhe Routard nei vicoli più insospettabili), il borgo di Oporto sembra ignorare la massa di turisti che ne invade i vicoli. Palazzi abbandonati, finestre rotte, donne in ciabatte e grembiule che stendono i panni per la strada, in una piazzetta troviamo c’è persino una gabbia di polli, costruita con materiali improvvisati.

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Quello che mi è piaciuto della città è stata proprio l’onestà dei suoi vicoli, l’odore del pranzo che scende dalle finestre, il pianto dei neonati, i bambini che giocano per strada… difficilmente un’attrazione turistica può colpirmi di più di questo genere di luoghi.

Vista di Oporto quartiere Riberia

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Oporto è molto diversa da Lisbona… qui l’aria è più tesa, gli automobilisti sono aggressivi e se hai una macchina fotografica in mano la gente ti guarda male (una signora mi è passata davanti mentre stavo regolando la fotocamera e ha cominciato ad urlarmi contro perché pensava che la stessi fotografando). Di certo preferirei altre vibrazioni, mai è probabilmente meglio questo di una popolazione che si finge accomodante solo per spremere turisti e visitatori.

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Passiamo per la casa della musica, unica tappa al di fuori del centro storico. Moderna, accogliente ed equipaggiata di una selva di iMac per improvvisarsi produttori di musica elettronica! Siamo riusciti ad infilati nella sala grande ad ascoltare le prove di un concerto… e che acustica!

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Camminiamo per una giornata intera e siamo cotti, ma come dire di no ad una visita alle cantine del vino Porto? Vedi mai che l’alcool ci fa passare la stanchezza. Le vinerie sono disposte in fila lungo la avenida de Diogo Leite, sulla riva opposta del Douro. Ce ne sono così tante che decidiamo per una a caso. L’oste ci chiede se vogliamo innanzitutto un vino rosso o bianco, ma noi siamo ignoranti in materia e chiediamo a lui di guidarci nella scelta. Le vinerie sembrano un po’ dei pub, piccoli e accoglienti, ma niente di più al di fuori di questo. Ringraziamo, dormiamo e torniamo a Lisbona.

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PAROLA DEL GIORNO: tasca (il classico “baretto” sporco e sincero; in Brasiliano Barzinho o Pé sujo)

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