Truth

I was determined to have done with conjecture and discover the truth, even if, a I imagined it would, the truth proved incomprehensible.

– Stanisław Lem (Solaris, 1961)

P.S. La traduzione Mondadori (edizione “Omnibus” del 2003) è terribile: “Volevo smetterla con le supposizioni e conoscere la verità, ma non riuscivo a figurarmi come fare.”

Eh??

La traduzione letterale è già migliore: “Ero deciso a farla finita con le congetture e a scoprire la verità, anche se, come immaginavo, la verità si rivelò incomprensibile.”

Sally Bowles

«Ti secca se mi stendo un po’ sul tuo divano, gioia mia?» Domandò Sally, appena fummo soli.
«No, certo.»
Si tolse il cappello, sollevò le gambe e le posò sui cuscini. Ai piedi aveva un paio di scarpette di velluto: poi aprì la borsa e cominciò a darsi la cipria: «Sono superarcistanca. Stanotte non ho chiuso occhio. Ho un nuovo amante, è un uomo favoloso.»
Cominciai a versare il tè. Sally mi lanciò un’occhiata furtiva.
«Ti scandalizza come parlo, Christopher, gioia?»
«Nemmeno un po’»
«Ma non ti piace eh?»
«Non mi riguarda»
Le porsi la sua tazza di tè.
«Oh, santa paletta!» Esclamò Sally. «Non metterti a fare l’inglese con me! Quello che pensi ti riguarda eccome!»
«Allora, se proprio ci tieni a saperlo, diciamo che trovo l’argomento piuttosto noioso.»
Questo la irritò al di là delle mie intenzioni. Cambiò tono e disse, fredda: «credevo che mi avresti capita.» Sospirò. «Ma dimenticavo… che sei un uomo.»
«Scusami, Sally. Non è colpa mia se sono un uomo, ti pare? Comunque, per favore, non essere arrabbiata con me. Volevo soltanto dire che secondo me ti esprimi in quel modo per nervosismo. Di tuo, saresti molto timida con la gente che non conosci, per cui hai trovato questo stratagemma e provochi l’altro perché ti accetti o ti rifiuti subito, senza vie di mezzo. Lo so perché anch’io reagisco così, a volte… ma vorrei che con me lasciassi perdere, perché con me non attacca e mi metti solo in imbarazzo. Se anche tu andassi con tutti gli uomini di Berlino e ogni volta, dopo, venissi a raccontarmelo, non riusciresti a convincermi che sei una dame aux camélias perché, diciamolo chiaro e tondo, non lo sei!»
«Già… forse no.» Sally aveva parlato con voce cauta, impersonale. Quella conversazione cominciava a piacerle. Forse ero riuscito a adularla in un modo nuovo. «E allora cosa sono esattamente Christopher, gioia mia?»

 

– Christopher Isherwood (Addio a Berlino – Sally Bowles, 1939)

Univerbazione

L’univerbazione è il processo che nella grafia unisce due parole, in origine separate, in un’unica parola:

pomo d’oro > pomodoro
franco bollo > francobollo

Può comportare il raddoppiamento sintattico della consonante iniziale del secondo elemento:

sopra + tutto > soprattutto

Spesso la grafia separata e quella univerbata convivono nell’uso contemporaneo:

innanzi tutto > innanzitutto

La tendenza è quella a unire le due parole quando il valore dei singoli elementi non è più percepito in maniera netta e distinta:

non ostante (in origine, participio presente di ostare) > nonostante

Ma, non essendoci una regola generale, per ogni dubbio è necessaria la consultazione del vocabolario.

Nel frattempo, in Germania:

PAROLA DEL GIORNO [DE]: Zusammengehörigkeitsgefühl (sentimento di unione, solidarietà)

Umbanda

Qualche anno fa, quando vivevo in Brasile, fui accompagnato da una amica carioca ad una messa Umbanda che si teneva nella zona nord di Rio de Janeiro.
«quindi cos’è l’Umbanda, mi fai capire?»
«oi ‘Dávigi’!» esclamo la mia amica che non sapeva come spiegarsi, né tantomeno pronunciare il mio nome. «vieni, vem, adesso vedrai!»
L’unica cosa che mi aveva detto era che ei ci andava a farsi predire il futuro.
«e tu ci credi?»
«oh, ma a volte mi hanno parlato anche del mio passato, è tutto vero!»
Entrammo in una specie di prefabbricato con il tetto basso e scosceso e dentro tutto era disposto come in una chiesa: un corridoio centrale, le sedie ben disposte ai lati ed un altare sul fondo. I fedeli tardavano ad arrivare così mi misi a curiosare con discrezione. L’altare era affollato di strani pupazzetti, statuette della Madonna e di Cristo cinte di dubbi ornamenti africani.
La mia amica si accosta a me e finalmente mi spiega un po’ di più.
«Agli schiavi non era permesso praticare la propria religione, così loro hanno interpretato le divinità cristiane secondo le loro»
«Vuoi dire che credono in Cristo?»
«Sì e no.»
«Uh? Sì o no?»
«Oh…» Si guardò lei intorno. «credo che siano arrivati tutti, andiamo a sederci.»
Un signore fece gli onori di casa e fu affiancato da un’altra decina di persone, tutte vestite di bianco e coi piedi scalzi. Un uomo seduto in disparte cominciò a percuotere un tamburo, un altro ad agitare un sonaglio e tutti presero a cantare in coro e a battere le mani. Lentamente il gruppo si distribuì in un cerchio e prese a camminare in circolo. Uno alla volta, disordinatamente, vennero presi da brevi convulsioni. I più si piegarono su loro stessi e fu chiaro che lo spirito
«…l’Orishá »
Si era impossessato del loro corpo.
«Ma dici sul serio?»
«Sul serio!»
Vabbe’, pensai, vediamo come fa a finire questa storia.
Ogni membro del gruppo fu quindi posseduto da uno spirito e prese a camminare in preda al delirio, a chinarsi e parlare a sé stesso, a muovere le sopracciglia come colto di sorpresa e subito dopo a corrugare la fronte, ma senza rabbia. Una bambina si alzò per andare incontro al gruppo, ma uno di loro le si parò davanti. Fu probabilmente il momento più interessante di tutto il teatrino: il ‘medium’ in quel momento era ovviamente posseduto e non poteva semplicemente convincere la bambina a tornare a sedersi. Allora restò lì a fare facce strane alla bambina, sperando, almeno secondo la mia impressione da scettico, che qualcuno finalmente accorresse a riprendersela. La bambina guardava l’uomo con grande curiosità, inclinando la testa di qua e di la come avrebbe fatto un cagnolino. Finalmente una donna si staccò dalla prima fila e trascinò la bambina all’indietro.
«Ah, cavolo…» Sussurrai tra me e me. «Proprio adesso che le cose si stavano per farsi imbarazzanti»
«oi ‘Dávigi’, por favor se comporte, hein!»
«Ma si che mi comporto bene! Che sto facendo?»
Uno dei medium (ormai Orishá) mise un ginocchio a terra, si batté una mano sulla fronte, stese l’altra verso il cielo ed urlò.
«Yooooo!!!»
Lei mi guardò titubante. «Tra poco gli Orixá ci ricevono. Tu mi aspetti qui?»
«Che devi fare?»
«Voglio sapere una cosa.»
La mia amica si alzò e andò a parlare con loro. Fecero così anche altre persone, in ordine, ognuna con il suo Orishá di preferenza.
La mia amica tornò a sedersi in lacrime.
«Ma che è successo?»
«Niente!» Singhiozzò lei. «Oh, niente!»
«Ma che cavolo ti ha detto?! Ma dai, sono tutte cazzate, che davvero credi a questa gente?!»
«È tutto vero! Mi ha detto cose che non sa nessuno!»
«Ok, ok! Oh, cazzo…» E mi alzai. «Ci voglio parlare pure io allora!»
Quelle parole riuscirono a distrarre la mia amica, che smise di singhiozzare e mi fissò con gli occhi lucidi.
«Ti posso lasciare qui un attimo?»
Lei annuì in silenzio, forse più preoccupata della sua reputazione nel gruppo, adesso a rischio per colpa mia, e l’emozione della cosiddetta rivelazione. Mi avvicinai ad una Orishá, una signora di mezza età, bassa, scura e cicciottella.
«Non parlo molto bene, mi dispiace, sono arrivato da poco.»
Ero un po’ arrabbiato con loro per quello che avevano appena fatto e credo che la signora avesse avvertito il mio stato d’animo.
«Oh…» Rispose lei, dubbiosa sul da farsi. «Non c’è probleeeeema»
Lei in teoria era ancora posseduta, quindi stavo parlando ad un antico spirito della terra, comunque sia…
«Mhh, volevo chiedere… sono arrivato da poco in Brasile, non so… forse è il posto per me? Forse dovrei trasferirmi qui qui? Vivere qui per sempre? Oh, Orishá, cosa mi dici, qual è la scelta giusta?»
«Oh, io ti auguro molta fortuna»
Eh?
«Sì, ma ho bisogno di sapere. Oh, Orishá, cosa devo fare?»
La signora appoggiò le mani sulle mie spalle, forse per tenermi alla larga. «Oh, molta fortuna! Ti auguro molta fortuna!»
E mi strinse le spalle come per salutarmi. Tornai a sedermi vicino alla mia amica.
«Mannaggia a te, mannaggia! Non mi dire che credi a questa roba! Voglio sapere che ti ha detto l’Orishá!»
«Oh, no, non posso! È un segreto!»
«Il segreto di tua nonna! Beh, andiamo?»
«È quasi finito…»
Gradualmente gli spiriti lasciarono i corpi dei medium, così come il mio interesse lasciò il mio. La mia amica si congedò dai conoscenti ed uscimmo dal prefabbricato. Camminammo un po’ in direzione della fermata del bus. Per sfogare la frustrazione misi un ginocchio a terra, stesi la mano in aria e gridai.
«Yooooo!!!»
La mia amica divenne tutta rossa.
«não ‘Dávigi’, no! ci possono vedere!!!»
«Che ci vedano pure, questi pagliacci!»

Obesity

What changed between 1970s and today is that we became overly sensitive. We want to ignore facts and logic and replace them with feelings and overly sensitive emotions that trigger us, so that we want to sit and say “I know it is the truth, but don’t tell that to me because I just can’t handle that!”, therefore it doesn’t exist.
It is in this fairy tale realm that if we make believe it is not there then we don’t have to face it. Well, I got news for you: you’ll eventually have to face it. The truth is the truth and your feeling don’t matter.

– John Burk

Zuppetta pugliese

Io nella zuppetta ci metto prima il pane, poi il parmigiano, che s’infila nel pane, la carne a straccetti e infine caciocavallo, mozzarella fresca e appassita. C’è chi la cucina anche durante l’anno, ma io no. Io aspetto. Eh sì, sennò perde tutta la poesia.

– Mamma

[ ]

Tu pensi che la realtà sia qualcosa di oggettivo, di esterno, qualcosa che abbia un’esistenza autonoma. Credi anche che la natura della realtà sia di per se stessa evidente. Quando inganni te stesso e pensi di vedere qualcosa, tu presumi che tutti gli altri vedano quello che vedi tu. Ma io ti dico, Winston, che la realtà non è qualcosa di esterno, la realtà esiste solo nella tua mente, in nessun altro luogo.

― O’Brein (Orwell, 1984)