Phnom Penh

Uno strano silenzio avvolge la città di Phnom Penh. Il centro è un brulicare di persone, motorini e (a differenza del Vietnam) di macchine, eppure sembra essere tutto sottotono, sommesso… qui la gente non ha l’abitudine di urlare, né di suonare i clacson ad ogni battito del cuore, ma e più probabile che la ragione sia da cercare nella caduta del sanguinoso regime dei Khmer rossi, soltanto quarant’anni fa.

Eventi del genere sono ferite che non si rimarginano mai completamente e i processi per crimini contro l’umanità sono tutt’ora in corso. La cicatrice è quello strano rumore… come di un urlo soffocato da un cuscino, quella pressione acustica che rende tutto così malinconico ed inquietante. Solo un’altra città è riuscita in passato a darmi la stessa sensazione: Osvienčim, ma in tedesco la chiamano Auschwitz.

street streets strade chaos caos mess asphalt asfalto Cambodia Phnom Penh backpacking exploring adventure explore traveling travelin si viaggiare esplorare zaino in spalla southeast asia

Qualcuno mi ha spiegato che quando Pol Pot era ancora solo un perseguitato politico si era nascosto nelle campagne dove fu colpito dalla vita semplice dei contadini. Quando prese il potere, al termine della guerra civile, decise però che TUTTI dovessero essere contadini e chi aveva sempre vissuto in città ed era istruito era di conseguenza un cancro per la società. Quando fece evacuare la capitale, Phnom Penh appunto, ci fu un movimento di qualcosa come due milioni e mezzo di persone.

heavy load motorcycle motorbike bike driving Cambodia Phnom Penh backpacking exploring adventure explore traveling travelin si viaggiare esplorare zaino in spalla southeast asia

Passeggio per la città alla ricerca di qualcosa da ricordare per quando sarò andato via. Il centro è un susseguirsi di palazzi in stile coloniale, folle di gente ferma ai semafori e gli immancabili tuk-tuk. Un autista sta appoggiato al suo fumando una sigaretta, ha una camicia di cotone grezzo ed un cappello da signore d’altri tempi, posto come se fosse un italiano della Little Italy newyorkese del dopoguerra, o Rocky. Fate voi. Provo a scattargli una foto, ma una signora dall’altra parte della strada lo avverte del grande pericolo in cui incombe (sono ovviamente una spia) e perdo l’occasione. La città è territorio ostile. Non che la gente sia maleducata, ma c’è una diffidenza generalizzata che a volte riesce a farmi sentire a disagio.

Phnom Penh cambodia cambogia cocacola coca-cola coca cola capitalism consumism travelling adventure exploring backpacking southeast asia south east sud-est sudest asien

Mi siedo in un posto qualunque e bevo una tazza di caffè cambogiano: un intruglio che ricorda l’acqua sporca, con un deposito di macina sul fondo (oh, quanto mi manca quello vietnamita). Mi collego al wi-fi e un’amica, Giuliana, mi scrive dall’Europa chiedendo se posso procurarle un vinile di Ros Sereysothea, Pan Ron o Yol Aularong, tutta musica degli anni ’60. Leggo si Wikipedia che Ros Sereysothea è sparita durante la rivoluzione, perseguitata e probabilmente giustiziata dai Khmer rossi. In una nazione dove la gente veniva fucilata solo per portare gli occhiali da vista non so quanto riuscirò a trovare un vinile di musica influenzata dall’occidente, ma sono così a corto di stimoli ed idee su come svoltare la giornata ache decido di provarci lo stesso.

vicoli alley allee Cambodia Phnom Penh backpacking exploring adventure explore traveling travelin si viaggiare esplorare zaino in spalla southeast asia like naples napoli

Faccio un giro al mercato Orussey, dove fatico a far capire anche solo la parola vinile. Mostro una fotografia sul mio cellulare e qualcuno mi indica un’area del mercato dove vendono cd, impianti stereo e gadget elettronici. Nessuno dei negozianti ha mai sentito parlare di Ros Sereysothea, ma mi dicono di provare nei negozi di antiquariato nei pressi del Palazzo Reale.
Dopo una mezz’ora a piedi trovo la strada giusta e provo a parlare con un negoziante. Sembra alquanto sorpreso di essere approcciato da uno straniero, ma credo sia solo un modo di nascondere la sua curiosità; questa volta vengo dirottato al mercato ‘Russo’ (Phsar Tuol Tom Pong).

La ricerca si trasforma in una caccia al tesoro.

market Phnom Penh cambodia cambogia led lights goods mess travelling adventure exploring backpacking southeast asia south east sud-est sudest asien

Visito una serie di Mercati l’uno dopo l’altro… formicai che si assomigliano un po’ tutti, soprattutto per la massa di merce dalla dubbia qualità che trabocca e sta appesa fuori dai chioschi come incrostazioni marine. La maggior parte delle ‘botteghe’ sono sostanzialmente delle nicchie grandi quanto una cabina telefonica e con l’unica funzione di tenere il proprietario fuori dallo stretto corridoio destinato ai passanti. Ogni mercato ha un suo ordine e in ognuno di questi c’è un’area per i gioiellieri, una per i vestiti, per il cibo, l’elettronica e così via.
C’è praticamente tutto tranne quello che sto cercando io.

food market mercato cibo pig porco maiale suino mess Cambodia Phnom Penh backpacking exploring adventure explore traveling travelin si viaggiare esplorare zaino in spalla southeast asia

Mi perdo in un piccolo quartiere compresso tra due mercati (seembra di stare a Napoli, ma senza le rivoltelle) e mi imbatto nel barbiere ambulante più distinto che abbia mai visto. Ha una sedia imbottita di pelle rossa ed un mobile in legno sormontato da uno specchio incorniciato. Ha appeso sul muro alcuni ritagli di giornali e un gancio per il grembiule, trasformando quella porzione di marciapiede in un negozio vero e proprio. Sta tagliando i capelli ad un bambino con la mamma in piedi di fianco a loro ed io penso all’ennesimo scatto che mi sto perdendo per il mio rifiuto di puntare la macchina fotografica in faccia alla gente. Stavolta però mi fermo e chiedo a tutti se posso fare una fotografia. La signora fa finta di non capire, ma non rinuncio e chiedo ancora. Sollevo la reflex e scatto una foto che più la riguardo più sono contento di essermi ostinato a farla.

Hairdresser haircut haircutter barber shop barbershop parrucchiere barbiere ambulante street mirror red chair Cambodia Phnom Penh backpacking exploring adventure explore traveling travelin si viaggiare esplorare zaino in spalla southeast asia

Attraverso il quartiere e visito l’ennesimo mercato. Il fantomatico vinile di Ros Sereysothea è la carota che mi tiene in moto per tutta la giornata. Soltanto quando ormai ho visitato un numero imprecisato di negozi di musica mi viene l’idea di provare on-line, dove mi arrendo all’evidenza: i vinili cambogiani sono materiale da collezionisti.

My mission was impossible, I was a fool for even trying. The only vinyl records from that era were either in government libraries or in the homes of elderly people related to the Pol Pot regime. Some people used to copy their records to cassette in order and sell them in markets, but that as a foreigner, I stood little chance of finding these second-hand tapes. […] For three humid hours, I visited a series of all-in-one electronics stores, acting as if I was searching for the Loch Ness Monster in a tropical jungle.

Mass Appeal

A suo modo la giornata è stata abbastanza avventurosa. Mi ha stupito la differenza tra Phnom Penh e qualsiasi altra Città vietnamita, dandomi la possibilità di capire quanto Paesi così vicini e da una storia in comune restino comunque molto diversi tra loro in ogni minimo dettaglio. L’unica costante del sud-est asiatico è la coca-cola.

Molti backpacker sono convinti che Phnom Penh non abbia molto da offrire se non un po’ di architettura coloniale. Molti la visitano giusto per il tempo di completare l’escursione ai Killing Fields o l’angosciante museo S-21. La capitale effettivamente è un po’ sottotono, ma vale la pena di visitarla se si vuole capire meglio la cultura cambogiana, muovendosi in un contesto relativamente poco turistico e quindi più genuino.

Daniele Sepe – La historia es nuestra, y los hacen los pueblos

Lascia un commento